Le saracinesche delle vie di Milano si abbassano e su di esse iniziano a comparire i tristi cartelli “Vendesi”. È la fotografia di un settore della ristorazione sempre più in crisi: un bar su 4 ha già chiuso o sta per chiudere i battenti. La crisi economica non fiacca solo le attività, ma anche le possibili vendite. Inoltre i prezzi degli immobili, nonostante la complicata situazione, non hanno al momento subito particolari variazioni.
Crisi nera. Secondo un’indagine di Confcommercio, il 20% degli imprenditori dopo il lockdown si è visto proporre l’acquisto delle proprie attività ad un prezzo stracciato, mentre il 47% degli intervistati ha raccontato di offerte fuori mercato fatte ad alcuni colleghi.
Da chi arrivano queste sospette offerte? Potrebbe esserci lo zampino della criminalità organizzata pronta a cogliere le occasioni commerciali generate dalla pandemia. Il pericolo è concreto e molti titolari potrebbero essere tentati a cedere i propri locali ad acquirenti poco trasparenti, gli unici ad avere a disposizione liquidità sostanziose.
A confermare tale ipotesi anche Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano. «Nel periodo pandemico registriamo un interesse ancora maggiore nei confronti di questo settore – ha spiegato -, ma quello che osserviamo non è tanto il tentativo di riciclare i proventi di attività illecite, bensì di rilevare praticamente a costo zero gli esercizi commerciali in sofferenza. Le ragioni sono legate al reinvestimento, darsi una parvenza di attività lecita, crearsi una rete relazionale, segnare il territorio. Un esempio è quello della ‘ndrangheta, che laddove è particolarmente presente e pervasiva, usa i locali anche in una logica di controllo del territorio».