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06. 05. 2024 07:28

Il cavo in viale Toscana, la pancia e la testa

L'analisi a freddo dell'episodio avvenuto la settimana scorsa a Milano

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Chi vi scrive è passato in auto prima che i tre ragazzi, poi tutti identificati, mettessero un cavo in viale Toscana sulla strada intorno alle 2.00 di notte di qualche giorno fa. Chi vi scrive da quella strada ci passa molto più spesso in moto che in auto. Per un caso del destino, quella sera non era in moto e per una mezz’ora non si è trovato un cavo di acciaio in faccia.

Cavo in viale Toscana: la reazione di pancia

Leggendo i giornali e i siti la mattina dopo, a chi vi scrive si è gelato il sangue. La prima reazione, di pancia, è stata quella di augurare ai colpevoli quella che nel luogo comune viene definita “punizione esemplare”, accarezzando per un attimo persino l’idea che in questi casi una pena accessoria corporale possa avere cittadinanza nel nostro Paese. Poi la testa si è sforzata di prendere il sopravvento sulla pancia.

Cavo in viale Toscana: la reazione di testa

Partendo dal presupposto che nessuna minaccia di pena e/o punizione ha mai sortito un effetto preventivo, la testa ha cominciato a farsi la domanda più semplice e al tempo stesso la più difficile a cui rispondere: cosa diavolo ha portato tre ragazzi solo a immaginare una bravata del genere, così rischiosa, così pericolosa, così potenzialmente devastante per la vita di incolpevoli automobilisti, motociclisti, ciclisti?

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Come facciamo a includere ragazzi che evidentemente sono ai margini, senza scopi e con un nichilismo così evidente? Come facciamo a prevenire, scoprendo in tempo problemi che spesso affondano nella psicologia e nella psichiatria? La testa non ha dato risposte, ma chi vi scrive ne è uscito con una certezza: comprendere non è giustificare. E punire senza rieducare, senza percorsi di riscatto, non serve a farci stare più tranquilli.

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