Al presidio davanti al Liceo Severi Correnti, gli studenti dell’istituto ci sono, seppur non molti. La restante parte sono rappresentanti dei collettivi antagonisti milanesi. Anche loro, come la mia generazione e quelle precedenti, vivono in un mondo fatto di guerre, violenze e crisi economiche.
Liceo Severi Correnti: viaggio dentro l’occupazione
Gli studenti parlano di repressione, della questione gender e di quella climatica. Parlano di genocidio. Lo hanno fatto anche durante l’occupazione. «Bisogna lottare e cambiare le cose», mi dice Alicia. Nei suoi discorsi, rappresenta bene i ragazzi d’oggi, più pessimisti e disillusi rispetto ai millennials. Quando parlo con loro sembra che dentro stiano andando in pezzi, come alcune delle scuole dove studiano, cha hanno sì i programmi per la Dad e le lavagne elettroniche, ma finestre e lavandini rotti.
Certo, non mancano i disturbatori, quelli che sfruttano queste occasioni per farsi gli affari propri, indifferenti alla materia in argomento del caso. Ecco, quelli c’erano e ci saranno. Non so in quale percentuale, ma sento di poter dire che sempre più giovani hanno ancora voglia di provare a cambiare le cose. Lo fanno con idee rinnovate, magari non sempre condivisibili, ma con i metodi “di una volta”. Scendere per strada e fare comunità. Oppure occupare una scuola.
A un certo punto Alicia cita Ghali, che in una sua canzone dice che non c’è differenza fra sinistra e destra. Ho dovuto deluderla: «Quello lo diceva già Gaber, anni orsono». Sì, sto diventando boomer anch’io.