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30. 04. 2024 01:22

Una nuova Libertà obbligatoria, Sara Bertelà: «Così condividiamo la grandezza di Giorgio Gaber»

Fino al 25 giugno in scena al Menotti lo spettacolo che si ispira all'album dell'indimenticato cantautore milanese

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Dopo il successo di Far finta di essere sani, vincitore del Premio Franco Enriquez 2022, al Teatro Menotti tornano le parole e le note del grande Giorgio Gaber. Il regista Emilio Russo ha, infatti, riunito il gruppo formato da Andrea Mirò, dalla piccola orchestra Musica da Ripostiglio e da Enrico Ballardini per mettere in scena la seconda tappa del progetto Gaber. Libertà obbligatoria è un album del 1976 portato a teatro insieme all’inseparabile Sandro Luporini, un titolo che la coppia considerava il miglior lavoro in assoluto.

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Al gruppo già rodato si aggiungono due grandi attori come Gianluigi Fogacci e Sara Bertelà: «È stato come ritrovare dei vecchi amici – racconta l’attrice ligure – anche merito dell’idea del regista di ambientare il racconto in uno spazio occupato ricco di realtà e di quotidianità. Abbiamo un po’ tutti la verve della condivisione e nessuno vuole primeggiare sugli altri, siamo un gruppo autentico».

Come si lavora sul testo di un maestro come Gaber?
«Affrontiamo Gaber come se fosse un classico, cercando di trasformare i suoi monologhi in un dialogo tra un gruppo di persone. Gaber è irraggiungibile, con la sua ironia riusciva a strappare sorrisi anche quando parlava di argomenti forti. Un autore che non si può affrontare da soli, noi condividiamo la sua grandezza».

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L’album uscì durante gli anni di piombo, cosa lo rende attuale?
«Gaber anticipa i tempi in modo formidabile, lo si può considerare un profeta. Parla di riciclaggio con 50 anni di anticipo e lo vede come una necessità. Affronta il problema dell’eccesso di plastica, critica i partiti politici che vanno alla deriva. Leggeva la realtà con un anticipo davvero formidabile. Tanti temi che lui tocca sono contemporanei e purtroppo ancora irrisolti».

Come convivono teatro e canzone?
«Con l’ascolto e nella curiosità di quello che fanno gli altri con il desiderio di trovare uno spazio che non invada lo spazio altrui».

Perché è importante continuare a diffondere le parole di Gaber?
«Era un uomo che non smetteva mai di osservare e di porsi delle domande. Il carattere italiano, invece, tende ad abituarsi alle cose e non c’è più alcun tipo di lotta reale. Lo spirito di Gaber e il suo desiderio di porsi delle domande invita a stare all’erta. Il suo sguardo illuminato può aiutare i giovani che fanno fatica a immaginare un futuro positivo».

Cosa pensa di Milano?
«Vivo qui da quasi vent’anni. Da una parte le cose funzionano bene, ma ultimamente mi mancano le persone per colpa della tecnologia che ci sta sovrastando. Mi manca vedere lo sguardo della gente in metropolitana persa nei propri pensieri».

Dal 14 al 25 giugno
Teatro Menotti
Via Ciro Menotti 11, Milano
Biglietti: da 18 euro su teatromenotti.it

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