Studi recenti hanno dimostrato come il coronavirus non si trasmette esclusivamente attraverso i droplets, ovvero le goccioline che emaniamo mentre parliamo o starnutiamo, ma anche attraverso gli aerosol, un altro tipo di particelle che produciamo durante le conversazioni. Qual è la differenza tra le due? Le prime sono più grandi e pesanti, e di conseguenza precipitano al suolo dopo circa due metri, mentre gli aerosol, essendo particelle più piccole, possono circolare più a lungo nell’aria diventando fonte di contagio.
Spazi chiusi. Giorgio Buonanno, professore ordinario di Fisica tecnica ambientale all’Università degli Studi di Cassino e alla Queensland University of Technology di Brisbane, ha spiegato in una recente intervista al Corriere, quanto sia di vitale importanza l’aerazione degli spazi chiusi per prevenire il contagio.
Non è un caso che il numero di positivi stia aumentando con l’avvicinarsi della stagione invernale. Gli ambienti chiusi, proprio per il crollo della temperatura, vengono fatti arieggiare di meno, trasformandosi in potenziali nuovi focolai. Così tutti gli spazi che siamo abituati a frequentare solitamente come la nostra casa, ma anche bar, ristoranti, scuole, diventano i principali sospetti.
Contagi. Le analisi condotte da Buonanno e dal suo equipe hanno dimostrato però, come con una corretta areazione le possibilità di contagio possano crollare in maniera verticale. Ad esempio all’interno delle aule scolastiche, se tutti gli studenti fossero distanziati, se indossassero la mascherina, se il docente parlasse con un microfono e se avvenisse un ricambio totale dell’aria ogni 20 minuti, l’indice R0, ovvero quello di contagio, scenderebbe sotta il valore dell’1.
Stesso discorso può essere fatto sui mezzi pubblici. Se tutti i passeggeri, come già avviene, indossassero la mascherina e fosse garantito un ricambio totale dell’aria ogni 30 minuti, l’indice di contagio scenderebbe anche in questo caso sotto la soglia di allerta.
«Distanziamento e mascherine sono una condizione necessaria – ha dichiarato Buonanno – ma non sono sufficienti per il contagio per via aerea negli ambienti chiusi. Sappiamo oggi stimare le condizioni di ventilazione, affollamento e tempi di esposizione negli ambienti chiusi per gestire al meglio il rischio contagio ».