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26. 04. 2024 02:39

L’arte contemporanea si fa in tre all’ICA Milano

Le firme e i contenuti delle mostre in corso negli spazi della fondazione privata non profit

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La cornice è autenticamente industry. Fondazione ICA Milano ha sede in un ex edificio industriale che ha conservato il sapore delle origini fine anni Trenta, con pavimenti in cemento vivo e grandi vetrate affacciate su un vecchio cortile. Un posto speciale dove l’arte contemporanea prende la parola, valorizzata dagli sfondi. In corso le collettive Small Fixations e How Far Should We Go? e la personale di Polys Peslikas, Reenactments (Bacchus).

Fondazione ICA Milano ospita tre mostre d’arte contemporanea fino al 23 dicembre

«ICA Milano cerca ogni volta di proporre progetti che abbiano una loro forte autorialità intrinseca nei legami tra artisti e curatori e viceversa: i progetti in corso fanno parte di un percorso di ricerca e scambio con curatori basati a Milano e non, artisti e la nostra comunità di riferimento, ossia le persone che frequentano l’istituzione e con le quali abbiamo un dialogo costantemente aperto», sottolinea il direttore di Fondazione ICA Milano, Alberto Salvadori. Le mostre resteranno aperte fino al 23 dicembre.

ICA Milano – Istituto Contemporaneo per le Arti

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Via Orobia 26

Dal giovedì al sabato, dalle 12 alle 19

Ingresso libero

www.icamilano.it

 

 

Small Fixations

La poesia dei particolari

Suscitano un avvicinamento spontaneo, che poi è la missione dei dettagli. All’ingresso della grande sala immersa nella luce naturale le 23 opere di formato extra small attraggono come calamite dalle maxi pareti su cui galleggiano silenziose. Le raggiungi, fai ancora un passo avanti e scatta un viaggio tra micro mondi sospesi. Ingranditi, zoomati, isolati. Al punto giusto poetici. La firma è di cinque artiste, di più Paesi, età e di diversa cifra stilistica, accomunate dalla pittura come madre lingua e da un’attenzione certosina ai dettagli. Ecco, appunto, i dettagli. Il leitmotiv della mostra curata da Chiara Nuzzi è l’amore per l’insistenza sui particolari, praticamente una “fissazione”, in tutti i sensi del termine, come evoca Small Fixations, il titolo della collettiva.

Al centro: passioni, riflessioni, visioni segrete e turbamenti raccontati con taglio introspettivo, che afferma nella realtà la soggettività. Chiara Enzo dipinge così le pieghe di un letto sfatto o due gambe con neo in primissimo piano. Marta Naturale cesella col pennello una foglia dopo l’altra di una siepe misteriosa, alta e impenetrabile come un sipario. Jennifer J. Lee riproduce con nitore fotografico e trama materica il panneggio di una tenda o di un mazzo di fiori. Yui Yaegashi si concentra su geometriche stratificazioni di colore. Alexandra Noel assembla immagini di persone, oggetti, scene di periferia in modo surreale, ma familiare insieme. E il dettaglio diventa anche simbolo, in cui specchiarsi.

Crediti: Marta Naturale, courtesy l’artista e Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma

Polys Peslikas

Nel segno di Bacco

I corpi si intuiscono appena tra pennellate leggere, impalpabili come nuvole, solo a tratti insistite. L’identità è fluida, cangiante come i colori – in prevalenza sottotoni di blu e variazioni di rosa – che la rimescolano. Polys Peslikas dipinge ad olio su tela superfici abitate da frammenti figurativi, fluttuanti nell’evanescenza di scenari astratti. La sua cifra intensa, ma pacata, senza punti esclamativi, scorre tra le opere che compongono la personale Reenactments (Bacchus) in un’ala del piano terra. Piccole per dimensioni, dense di chiavi di lettura, sanno trasmettere al primo sguardo un moto liberatorio e al contempo sottilmente dolente. Complice, su ogni dipinto, la presenza aleggiante di Bacco, divinità associata al piacere e alla gioia, ma anche al disordine e all’assenza di un senso della misura.

I soggetti che emergono dalle pennellate dell’artista con rappresentazioni in chiave queer mettono in discussione i confini tra sesso, orientamento sessuale e genere, rievocando la complessità presente in ogni individuo e le mille sfaccettature che ne compongono l’identità. E così, da una tela all’altra, il carico di riflessioni cresce, delicatamente sussurrato, lontano da invadenze. «È una pittura che non ha la volontà di imporre un nuovo linguaggio, ma solo proporre un atteggiamento dello spirito», spiega Alberto Salvadori, curatore della mostra. La password suggerita è apertura, la voglia di andare oltre un ordine classificatorio e razionale per raggiungere il contatto con l’essenza.

 ICA Milano

Crediti: Courtesy of the artist and Vistamare, Milano / Pescara

How far should we go?

Paesaggi con l’anima

How far should we go? Sotto l’egida del titolo-domanda, in filo diretto con l’interiorità, otto artisti italiani, differenti per generazione e codice linguistico, esplorano il paesaggio come tema portante, pensato e riflesso, rivisitato o ri-costruito. Le opere sono prospettive geografiche, ma anche emotive, scenari sognati o traslati. «Ognuna rappresenta la formalizzazione di un pensiero non spinto dall’urgenza di informare, ma da una necessità di espressione e dimostrazione dell’esistenza di più realtà e diverse visioni», spiega la curatrice Rossella Farinotti.

Così Fragili Rive di Ettore Favini, un calco del margine del Po realizzato sulle sue spiagge con la sua sabbia, allude attraverso la sagoma giallo ocra lunga 5 metri alla sofferenza del Grande Fiume. E così gli oli romantici, minuziosi e surreali, di Cleo Fariselli creano un dialogo serrato tra la natura delle piante e una dimensione umana, intima e femminile. I dipinti rosso profondo realizzati con la tecnica del frottage da Linda Carrara, evocano invece le viscere della terra.

E poi ci sono gli zoom luminosi di Silvia Mariotti sul mondo vegetale in specchi d’acqua e le immagini fotografiche riprese da videocamere di sorveglianza firmate Irene Fenara. E, ancora, tubi idraulici in pvc isolati ed esposti come rigorose sculture da Alice Ronchi. Le installazioni con oggetti comuni di Giovanni Oberti, che coinvolgono lo spettatore come parte del contesto, e quelle di Lucia Cristiani fatte di fiori di campo galvanizzati in argento, fili di ferro e ottone. Eco di erbari trasparenti e preziosi.

 ICA Milano

Crediti: Courtesy Fondazione ICA Milano Ph. Cosimo Filippini

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