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27. 04. 2024 01:41

Coronavirus e ansia da smart working: i milanesi hanno trovato l’equilibrio?

Il 44% degli italiani ha continuato le proprie attività lavorative in maniera “agile”. L’indagine di MioDottore evidenzia il complesso equilibrio tra svago e ore al pc

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Lavorare da casa. Un sogno per molti, che però in piena emergenza coronavirus è diventato una necessità. Non tutti apprezzano lo smartworking, un italiano su quattro è infatti stato colpito da stati d’ansia e attacchi di panico.

 

Coronavirus e ansia da smartworking: l’indagine di MioDottore

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A scoprirlo è un’indagine condotta dalla piattaforma MioDottore, che ha coinvolto 1.302 utenti. Dallo studio emerge che quasi la metà dei lavoratori italiani (44 per cento) ha continuato le proprie attività lavorative in maniera “agile” durante l’emergenza Covid-19, districandosi tra laptop e device vari all’interno delle proprie abitazioni. Per quasi un quarto del campione (24%) il lockdown ha implicato un primissimo approccio a questa modalità professionale da remoto.

Diversamente, solo poco più di una persona su dieci (11%) trova nello smartworking una pratica ormai consolidata, come i professionisti autonomi e chi nel proprio impiego ha iniziato già a lavorare con questa modalità da tempo. I più abituati al lavoro agile sono prevalentemente i lavoratori del Nord Italia (51%), in particolare donne (73%).

Le paure. Ma quali sono i sentimenti prevalenti? Gran parte degli italiani si sente sopraffatta fra impegni dell’ufficio, bambini, pulizie e altre faccende domestiche e trova particolarmente complesso creare un giusto equilibrio tra momenti personali e ore al pc: sono ben oltre la metà delle persone coinvolte nella ricerca (56%) a riscontrarlo.

Tra loro ci sono quelli che, risparmiando il tragitto casa-ufficio, tendono ad accendere il computer prima del consueto e a spegnerlo più tardi (23%) e altri che hanno la sensazione di non fermarsi mai perché una volta disconnessi dedicano ai propri figli il tempo rimasto della giornata (18%), arrivando così pressoché stremati.

Coronavirus e ansia da smartworking, come è cambiata la nostra vita

Il cambiamento di vita radicale e l’impatto con una nuova modalità lavorativa da remoto hanno sconvolto quasi la metà del campione (45%), che ha ammesso di aver percepito un iniziale stato di ansia e preoccupazione.

Se per alcuni lo shock iniziale sembra essere rientrato, e ora è abbastanza gestibile, c’è una fetta importante di italiani – un quarto (25%) – che sta vivendo male la situazione contingente, tanto da soffrire di veri e propri picchi di ansia e crisi di panico.

Se poteva essere prevedibile che tra questi fossero presenti i neofiti dello smartworking (58%), sorprende apprendere che un lavoratore agile abituale su cinque (20%) stia vivendo male il momento.

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