Esiste una dieta che possa aiutare l’organismo a difendersi dal coronavirus? Una risposta univoca a questa domanda ancora non esiste, ma sicuramente ci sono degli elementi che contribuiscono a rinforzare le difese immunitarie.
A spiegarlo è Simona Bertoli, responsabile del Centro ambulatoriale obesità dell’Istituto Auxologico italiano. Il discorso vale, in particolare, per alcune vitamine (A, C, E e D), per alcuni micronutrienti (zinco e selenio) e per i probiotici.
Vitamine in primo piano. Oltre 140 studi suggeriscono che la vitamina C può prevenire o alleviare i sintomi di infezioni causate da batteri, virus e protozoi. Nel raffreddore, per esempio, la vitamina C sembra ridurre la durata dei sintomi. Negli ultimi anni è stata anche dimostrato l’impatto della vitamina D sulle risposte immunitarie innate e adattive. Secondo la maggior parte degli autori, sono necessari ulteriori studi però per esplorare l’effetto preventivo della supplementazione di vitamina D sulle infezioni virali.
Tra i minerali, il più studiato in campo immunologico è lo zinco. Un suo deficit, è stato dimostrato, può portare ad alterazioni dell’integrità del sistema immunitario. Una sua carenza marginale è stata osservata in diversi gruppi di popolazione “a rischio”, come gli anziani, supportando l’ipotesi che la somministrazione nei soggetti più vulnerabili potrebbe impedire la compromissione del sistema immunitario e migliorare sostanzialmente la resistenza alle infezioni in questi soggetti.
Infine, i probiotici che, oltre ad avere un ruolo specifico nella regolazione del microbiota intestinale, sembrano avere un effetto immuno modulatore. Tra i probiotici i β-glucani sono noti per l’aumento dell’attività di fagocitosi e dell’attività delle cellule natural-killer.
Dieta mediterranea. Molto utile può essere anche il modello dietetico di tipo mediterraneo, perché fornisce un apporto ottimale di tutti i nutrienti che possono giocare un ruolo fondamentale nel aumentare le difese immunitarie: esso è infatti caratterizzato dall’abbondanza di alimenti vegetali (pane, pasta, verdure, legumi, frutta e frutti secchi, olio di oliva), un moderato consumo di pesce, di carne bianca, di latticini e uova, moderate quantità di carne rossa e modesto consumo di vino durante i pasti.
Come deve cambiare, quindi, l’alimentazione in questo periodo? L’esigenza di rimanere a casa ha numerose importanti conseguenze che possono influire sul comportamento alimentare.
La riduzione dell’attività motoria giornaliera, come conseguenza dello smart working, della chiusura delle palestre e delle associazioni sportive, dell’invito ai soli spostamenti essenziali e, per i bambini, la chiusura delle scuole e di tutte le attività ludico sportive ha determinato una significativa riduzione del fabbisogno energetico giornaliero.
L’ansia, lo stress e la noia che possono subentrare in questo momento possono anche favorire la comparsa o peggiorare, in chi già né soffre, il cosiddetto “emotional eating”, ossia il ricorso al cibo come meccanismo di compensazione attraverso cui regolare e ridurre le emozioni negative.
Le conseguenze sono un aumento del rischio di incremento del peso corporeo e nei soggetti già affetti da sovrappeso, obesità, diabete e sindrome metabolica un peggioramento del quadro clinico. Per rimediare è indicato dedicarsi ad attività motorie in casa utilizzando cyclette, tapis roulant oppure affidandosi ai tanti tutorial presenti sul web dove sono suggeriti esercizi.
È importante inoltre cucinare con fantasia seguendo il modello mediterraneo e incrementando il consumo di frutta e verdura ad almeno cinque porzioni per garantire il corretto consumo di vitamine, minerali e nutrienti funzionali e ridurre l’apporto calorico.