GIUSEPPE CONTE
Presidente del Consiglio dei Ministri
Partito bene a marzo, con una popolarità ai picchi, nel corso delle ultime settimane ha dato la netta sensazione di “navigare a vista” in una continua rincorsa ai numeri e, quindi, al Covid. E’ vero che il virus corre più veloce di tutti ed è altrettanto evidente come la pandemia stia mettendo in crisi tutta l’Europa, ma il grado di impreparazione rispetto alla seconda ondata è palpabile. Tra gli “scivoloni” si segnalano le promesse sul vaccino a dicembre (contro il parere di tutta la comunità scientifica) e il balbettio nel dialogo con le Regioni, essenziali per organizzare le riaperture a maggio, inascoltate nell’ultimo mese. A dir poco fastidiosa la tecnica comunicativa del far trapelare bozze prima di firmarle per poi sfondare in tv negli orari di prime-time.
Eccessivamente egocentrico
GIUSEPPE SALA
Sindaco di Milano
Partito male nella comunicazione durante la prima ondata (#MilanoNonSiFerma docet), con i suoi “Buongiorno Milano da Palazzo Marino” su Instagram ha voluto rimarcare quotidianamente la sua consapevolezza della crisi e dei problemi della città. Da buon milanese ha spronato a rimboccarsi le maniche in estate, senza mai cedere all’euforia di una ritrovata normalità. Ha il merito, dunque, di esser stato “realista” e mercoledì sera si è preso la briga di farsi portavoce della comunità milanese nel chiedere chiarezza al Governo. Meno tardivo, rispetto a marzo, su Area B e Area C.
Progressivamente realista
ATTILIO FONTANA
Presidente della Regione Lombardia
C’è chi lo apprezza per il suo essere pacato e diplomatico. C’è chi lo vorrebbe con più “cazzimma” in stile De Luca. Se misurassimo i risultati ottenuti da lui e dal collega della Campania (letteralmente in crisi sanitaria per numero di posti negli ospedali e per un mancato controllo della movida a Napoli), ha avuto ragione il buon De Luca che si è visto inserito in “zona gialla” con meno danni all’economia del territorio rispetto alo lockdown imposto alla Lombardia. Ha battuto i pugni sul tavolo contro il suo segretario Matteo Salvini per imporre le restrizioni di quasi tre settimane fa, non è stato abbastanza convincente nei confronti del Governo. Sull’uso dei dati “vecchi” per stabilire zone gialle, arancioni e rosse ha il dovere di intraprendere una vera battaglia.
Eccessivamente pacato
GIULIO GALLERA
Assessore al Welfare di Regione Lombardia
“Troppa luce può dare alla testa”, devono aver pensato ai piani alti di Regione Lombardia, dove l’insofferenza di alcuni verso certe affermazioni dell’assessore alla Sanità si è fatta palpabile. Partito lo scorso marzo come “paladino” della sanità efficiente della Lombardia, ha vacillato di fronte alle domande di chi gli chiedeva se stesse preparando la candidatura a sindaco di Milano. Da quel momento, complici anche diversi attacchi mediatici, è dovuto riparare in difesa, a volte prendendo “cantonate” come il bizzarro calcolo sull’indice RT. Ha ormai ingaggiato un duello a distanza con i medici di medicina generale, il che oggi non appare politicamente conveniente.
Silenziato
MATTEO SALVINI
Leader della Lega
La crisi non favorisce il consenso al leader della Lega, impegnato a dover proporre prima che contrapporre. L’impressione è che navighi a vista (ce lo perdoni se usiamo una metafora che richiama le barche), senza avere una strategia precisa. Gli attacchi sono spesso confusi, supportati da tesi prontamente superate (l’ultima è quella relativa alle cure con l’idro che non hanno alcuna validazione scientifica). E’ andato dal suo governatore Attilio Fontana intimandogli di non assumere decisioni restrittive, ne è uscito con la minaccia di dimissioni. Ha detto sì al lockdown, “se necessario”, per poi presentare proposte vaghe per salvare le attività.
Confuso