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06. 05. 2024 15:46

“Le ossa dei Caprotti”, la versione di Giuseppe sulla storia di Esselunga

In libreria la storia della famiglia che fu a capo del marchio

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Bernardo Caprotti non è stato l’artefice della nascita di Esselunga. L’azienda è stata fondata da un gruppo di manager americani capitanati da Nelson Rockfeller, consigliato a sua volta dalla Cia. Bernardo contribuirà in modo determinante alla crescita di Esselunga, ma solo in un secondo momento. E con il tempo, metterà in ombra tutti coloro che l’hanno resa grande con lui: soci, figli e altri familiari.

“Le ossa dei Caprotti”, il figlio Giuseppe racconta Bernardo

Questa, in sintesi, la trama del libro “Le ossa dei Caprotti” (Feltrinelli, 400 pagine, 20 euro) scritto da Giuseppe Caprotti, primogenito di Bernardo, scomparso nel 2016. Allontanato dall’azienda nel 2004, dopo anni di silenzio e di procedimenti legali, oggi si espone per raccontare la propria verità.

Si tratta di un libro storico e documentato in ogni sua parte, ci tiene a precisare l’autore, che racconta la storia di una famiglia protagonista della prima rivoluzione industriale italiana, passata dalla proprietà agricola all’imprenditoria tessile con la produzione di filati di cotone. Una storia italiana, come recita il sottotitolo del libro. Non solo la storia di Esselunga, ma il ritratto di due secoli di storia dell’Italia, con forti ingerenze americane.

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Giuseppe Caprotti
Giuseppe Caprotti

Nel dopoguerra Rockfeller costituisce la Ibec, società che aveva come obiettivo l’apertura di nuove attività imprenditoriali nei paesi in via di sviluppo, tra i quali rientrava l’Italia. James Hugh Angleton, collaboratore dei servizi segreti dell’Oss (precursore della Cia), ha un ruolo importante nelle scelte di Rockfeller. Il fine era il perseguimento di una politica anticomunista attraverso il miglioramento del tenore di vita delle persone, grazie all’apporto di capitali, management e metodi americani, fra cui il “comprare all’americana”: supermercati ricchi di merce di qualità a buon prezzo, perché è difficile essere comunisti con la pancia piena, sosteneva Rockfeller.

In questo progetto si inseriscono i fratelli Caprotti, per interposta persona. Uno dei miti che viene sfatato in questo libro è infatti la famosa cena a Milano in onore di Rockfeller: in realtà le cene furono tre e i Caprotti vi si erano aggregati tramite Marco Brunelli, amico fraterno di Guido Caprotti, fratello di Bernardo. Brunelli diventò non solo il primo azionista di questa nuova società, la Supermarkets Italiani, ma anche il primo presidente che aveva i rapporti diretti con gli americani.

La saga dei Caprotti nel libro di Giuseppe

«Dal ’65 in poi mio padre (diventato amministratore delegato della Supermarkets Italiani, ndr) ha contribuito in modo geniale allo sviluppo di Esselunga – racconta Giuseppe Caprotti -. Ma è stato anche molto abile, nel tempo, ad appropriarsi dell’identità di tutti i soci e i familiari che l’hanno resa grande con lui: sua madre Marianne, che ha contribuito alla nascita della società con i soldi del nonno, i fratelli Guido e Claudio e poi anche i figli».

Quei figli, Giuseppe e Violetta, che sono stati i protagonisti delle grandi innovazioni degli anni ’90 e 2000: dai superstore, al bio, all’eCommerce, passando dalla Fidaty card per arrivare alle pubblicità storiche con l’agenzia Armando Testa, come “John Lemon”, per citarne solo una. Il resto si trova nelle 380 pagine del libro, che raccontano tutti i fatti, sia quelli storici che gli aneddoti di famiglia, i ricordi belli e quelli meno belli, le cose curiose, le faide familiari, le accuse che sono state mosse all’autore dal padre e le risposte di Giuseppe, dati alla mano.

Quattro domande a Giuseppe Caprotti: «La copertina? Una forma di libertà»

Un carrello squarciato in copertina: cosa significa?
«Sunny Studio, che ha fatto in parte la copertina, l’ha interpretato come una forma di libertà. Io lo interpreto allo stesso modo».

Ha detto che in questo libro si racconta la storia di una sconfitta. A distanza di anni, pensa che ci sia qualcosa di diverso che avrebbe potuto fare?
«Assolutamente sì. Sicuramente mi sono sentito indispensabile, il che è stata una grossa stupidata. Poi volevo emergere a tutti i costi, perché io “facevo” in azienda, ma non si poteva apparire fuori, era proibito, perché Bernardo non voleva. Lo racconto perfettamente nel libro con le pubblicità dell’agenzia Testa, quelle con tutta la frutta che vola. Mia sorella (Violetta, ndr.) venne da me e mi disse “Giuseppe, ma qui me la chiedono tutti”, ma Bernardo frenava. Quando io ho denunciato Coca Cola e ho vinto all’antitrust c’è stato un periodo in cui il Wall Street Journal mi voleva intervistare, ma non si poteva. Mio padre ha tergiversato per mesi, l’ha fatto apposta».

Le ossa dei Caprotti
Le ossa dei Caprotti

Cosa pensa che avrebbe detto di questo libro?
«Secondo me gli sarebbe piaciuta molto la pubblicità, forse anche la copertina. Il contenuto un po’ meno».

Perché ha deciso di scriverlo?
«Perché per 20 anni, da quando sono uscito malamente dalla mia azienda, ho sentito di tutto. Sono stato bersagliato da notizie create ad arte e ho deciso di rispondere con un saggio documentato. Sono stato accusato di mala gestione e dal libro si evince che questo non è vero. Ci ho messo tanto tempo perché ero impegnato in una disputa legale che non ho voluto nel modo più assoluto. La disputa si è conclusa nel 2020, ma sul fronte penale sono stato impegnato per nove anni e tutto è terminato nel 2019, quando sono riuscito a incontrare Marco Brunelli. Da lì ho capito che non solo c’erano delle cose che non quadravano nella mia storia, ma anche nella storia di Esselunga. E la storia di Brunelli è corroborata dagli archivi americani (Rockfeller Archive Center, ndr.)».

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