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29. 04. 2024 11:37

A Milano la prima batteria commestibile, Caironi: «Il progetto è ampio e riguarda l’elettronica sostenibile»

All’Istituto Italiano di Tecnologia, il professor Caironi ha creato un prototipo che può essere ingerito: ecco a cosa può servire

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Arriva direttamente da Milano e in particolare dall’Istituto italiano di Tecnologia il primo prototipo al mondo di batteria commestibile e ricaricabile. Il team di ricerca guidato dal professor Mario Caironi ha infatti ottenuto un risultato di portata storica che potrà essere sfruttato in diversi ambiti. Tanto per intenderci, non parliamo di un nuovo alimento ma di qualcosa che prima di tutto può essere ingerito senza problemi, dettaglio fondamentale per strumenti di diagnostica della salute del nostro corpo.

Arriva dall’Istituto Italiano di Tecnologia e dal professor Caironi il primo prototipo di batteria commestibile

Professor Caironi, come è nata questa idea?
«Il progetto è più ampio e riguarda l’elettronica sostenibile. Abbiamo avuto dei finanziamenti europei e ci siamo concentrati sulla necessità di fornire energia a batterie ingeribili, utilizzando ingredienti non tossici. Partendo dal cibo dovevamo arrivare a circuiti e tutto quello che c’è in una normale batteria».

Di che potenza parliamo?
«Non potevamo andare sopra 1 volt, per non innescare reazioni potenzialmente pericolose per il corpo umano. Parliamo di 0,6/0,7 volt, quindi la metà di una batteria stilo, abbastanza comunque per accendere led o circuiti di bassa potenza. Tutto ciò dimostra comunque che con certi tipi di materiali si può fare».

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Quali sono le prospettive?
«L’ambito di ricerca è doppio: riguarda sia sensori per uso esterno che pillole ingeribili in grado di svolgere diverse funzioni, come registrare l’utilizzo di un farmaco che a sua volta potrebbe avere una parte smart. Si potrebbero verificare gli effetti sul nostro corpo così come alimentare dei biosensori legati all’insorgenza di patologie o ancora svolgere uno screening che non sostituirà mai un medico in carne ed ossa ma permetterà di monitorare la situazione prima di un intervento umano. In futuro si potrebbe infine monitorare lo stato di conservazione del cibo, verificando meglio le scadenze degli alimenti che al momento si basano su stime».

Può sembrare secondario, ma avete lavorato anche sul gusto?
«Non è una domanda stupida: diciamo che al momento ci siamo focalizzati sul fatto che queste batterie si possano ingerire, ma ricordiamoci che questo ambito di ricerca si chiamava inizialmente in generale sweet electronics, con i circuiti “dolci” creati partendo dal miele. In un altro progetto europeo che stiamo sviluppando con la Svizzera stiamo lavorando a robot in grado di interagire con il cibo stesso e quindi in futuro studieremo anche l’aspetto nutrizionale oltre a quello del gusto».

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