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26. 04. 2024 02:00

Accoglienza profughi: da Soleterre alla Giocomotiva, Milano si prepara così

Assodato che la guerra ci accompagnerà a lungo, continua la corsa contro il tempo per organizzare l’accoglienza di migliaia di persone

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Dopo aver sconvolto le nostre coscienze, la guerra in Ucraina sta per modificare la nostra vita. L’arrivo dei profughi ha già provocato la creazione di un Comitato per l’Emergenza in Ucraina, coordinato da Guido Bertolaso, la mobilitazione del Comune, della Caritas e delle principali associazioni dedite all’assistenza.

Si tratta di organizzare l’accoglienza per migliaia di profughi, in gran parte donne e bambini: nei confronti di questi ultimi, le vittime più innocenti di questa guerra, sono pronti percorsi che dovrebbero rendere la loro permanenza in Lombardia il più possibile serena. Si tratta di mettere in campo risorse e capacità organizzative in tempi molto stretti, serve tutto l’ingegno e la generosità che i milanesi – e i lombardi – sono in grado di esprimere.

Profughi dall’Ucraina, come accoglierli: diverse associazioni in campo per i bambini

Come si fa a manifestare la disponibilità a ospitare o dare una mano agli ucraini? Sono diverse le modalità messe in campo dal Comune, in primo luogo è attivo un canale dedicato all’emergenza al numero 02.02.02 a cui rispondono operatori che possono fornire informazioni sull’accoglienza, le reti di supporto che riguardano alimenti, beni di prima necessità, vestiario e orientare chi vuole mettere a disposizione alloggi per le famiglie. Se poi esiste la volontà di accogliere profughi nella propria casa, ci si può registrare sulla piattaforma refugees-welcome.it/accogli-una-persona-rifugiata.

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E ancora, chi ha a disposizione appartamenti vuoti può segnalarlo inviando una mail all’indirizzo casa@equacooperativa.it. Oltre a Palazzo Marino, anche la Caritas Ambrosiana sta promuovendo la raccolta di disponibilità di alloggi nelle parrocchie della diocesi di Milano. Chi vuole può segnalarsi scrivendo a stranieri@caritasambrosiana.it. Cosa devono fare, invece, le persone che hanno necessità di essere alloggiate? È necessario contattare la centrale operativa regionale al numero verde 800.894.545 e fornire tutte le informazioni che riguardano il nucleo familiare da accogliere. In questo caso, la gestione dell’accoglienza è affidata alle prefetture lombarde.

Nell’accoglienza ai bambini sono in prima linea diverse associazioni, tra cui la Fondazione Aibi, da sempre impegnata per tutelare l’infanzia nei Paesi svantaggiati. I primi 10 nuclei familiari ucraini – nella quasi totalità dei casi si tratta di mamma-bambino – sono stati accolti grazie alla rete di famiglie che fanno capo alla fondazione. Chi vuole offrire un sostegno o dare la propria disponibilità ad accogliere, può segnalarlo sul sito aibi.it.

Già attiva anche la Caritas Ambrosiana che, da quando è scoppiata la guerra, ha avviato una ricerca di locali per i profughi. Sono 60 gli appartamenti privati vuoti e destinabili all’accoglienza censiti fino al 7 marzo dalla Caritas nel territorio della Diocesi di Milano. Oltre a questi, sono stati individuati ulteriori spazi presso 45 tra parrocchie, associazioni e istituti religiosi. Ci sono, inoltre, 930 famiglie disposte ad accogliere nelle proprie abitazioni, di cui quasi 350 a Milano e città metropolitana. GS

Accoglienza profughi, assistenza gratuita e percorsi di inclusione

Sono già tra noi i primi profughi dall’Ucraina. Difficile ipotizzare l’entità di quanti potranno arrivare, ma si ipotizzano diverse decine di migliaia. E la Lombardia avrà un compito di primo piano. Per i minori, in particolare, sono tre le priorità da affrontare: la ricerca dell’alloggio (di cui parliamo a parte), la tutela sanitaria e la frequentazione delle scuole.

L’assistenza sanitaria è garantita gratuitamente a tutti i cittadini provenienti dall’Ucraina e in fuga dalla guerra che abbiano necessità sanitarie. I profughi devono effettuare un test molecolare o antigenico per SARS-CoV-2 entro 48 ore dall’ingresso in Italia. Per il test occorre recarsi gratuitamente e senza appuntamento presso i punti tampone delle ASST.

Se il tampone è negativo, è obbligatorio indossare per 5 giorni le mascherine FFP2 (per coloro che hanno un’età superiore a 6 anni), se è positivo è necessario sottoporsi ad isolamento. I minori, le donne in stato di gravidanza e coloro che hanno un visto rilasciato in area Schengen possono ottenere l’iscrizione al Servizio Sanitario Regionale recandosi presso le strutture della ATS dove verrà rilasciata una tessera sanitaria provvisoria, con cui è possibile rivolgersi a un medico di medicina generale.

Sul fronte scuola, per i bambini e le bambine dagli 0 ai 6 anni si stanno individuando sia i posti già disponibili che i progetti specifici. Per segnalare richieste per i bambini da 0 ai 6 anni sul territorio di Milano, è possibile chiamare il numero 02.02.02 oppure bisogna scrivere a ed.infanziaiscrizioni@comune.milano.it o, ancora, collegarsi al sito del Comune nella sezione educazione dedicata. Per i bambini e i ragazzi dai 6 anni in su l’accoglienza all’interno delle scuole sarà gestita dall’Ufficio scolastico provinciale attraverso i poli Start.

Il Comune ha già dato la disponibilità a promuovere percorsi di inclusione mettendo a disposizione servizi educativi, supporto alla lingua ed esperienze scolastiche ed extrascolastiche. Sono poi arrivate diverse disponibilità da parte di professionisti e di associazioni per supporto psicologico, con cui si sta studiando la possibilità di una collaborazione immediata. Da segnalare, infine, che l’arrivo dei minori non accompagnati da un genitore dovrà sempre essere segnalato al Tribunale per i minorenni all’indirizzo di posta elettronica segreteriaMSNA.tribmin.milano@giustizia.it. Nel caso, invece, di minori con parenti residenti in Italia, questi ultimi potranno presentare direttamente al Tribunale per i minorenni la domanda per la nomina di tutore. GS

Accoglienza profughi, Damiano Rizzi (Soleterre Onlus): «Cerchiamo psicologi e mediatori culturali che parlino ucraino»

profughiAnche per chi si trova in prima linea, come per Soleterre, la guerra in Ucraina rappresenta un momento difficile. Ma la fondazione onlus, nata 18 anni fa per tutelare il diritto alla salute, è già in campo per fornire il suo contributo, come spiega a Mi-Tomorrow il suo fondatore e presidente Damiano Rizzi.

Come si dispiega l’impegno di Soleterre?
«Soprattutto in due campi: l’oncologia pediatrica e il supporto psicologico ma siamo impegnati anche in altri ambiti come l’inserimento nel mondo del lavoro, la violenza di genere, la lotta alla malnutrizione, il sostegno all’istruzione».

Dove?
«Negli ospedali di tutto il mondo, ovunque ci sia bisogno: siamo presenti in 23 Paesi dove in 265mila, in gran parte bambini, hanno beneficiato delle nostre attività».

In Lombardia?
«Siamo attivi all’Abbazia Mirasole, a San Siro, al San Matteo di Pavia e a Varese».

Siete stati attivi anche in questi due anni di pandemia?
«Certo, in modo particolare a favore di coloro che hanno avuto bisogno di un supporto psicologico dopo avere contratto il Covid».

Quanti siete?
«A Milano una trentina».

Siete impegnati anche nei luoghi di guerra?
«Sì, in Ucraina abbiamo diversi centri di oncologia mentre in Polonia stiamo lavorando con i profughi».

Sono attività molto delicate.
«Faccio un esempio che aiuta a capire che tipo di situazioni dobbiamo affrontare: abbiamo offerto il supporto psicologico a un bambino che è sopravvissuto dopo essere stato quattro giorni sotto le macerie».

In Lombardia il problema è come organizzare l’accoglienza di decine di migliaia di profughi.
«Noi stiamo facendo la nostra parte, abbiamo segnalato diversi luoghi che potrebbero diventare centri di accoglienza».

Con quali soggetti siete in contatto?
«Con la Regione, stiamo collaborando con il comitato per l’emergenza Ucraina coordinato da Bertolaso».

Lavorate anche in ospedali pubblici.
«Sì, grazie alle convenzioni che abbiamo stipulato».

Di cosa avete bisogno in particolare?
«Stiamo cercando mediatori culturali e psicologi che parlino la lingua ucraina, un lavoro che stiamo svolgendo assieme all’ordine degli psicologi».

Accoglienza profughi, Giuseppe Bilancioni (Giocomotiva): «Con i nostri bimbi creeremo l’Esercito dei pacifici»

Katia Del Savio

profughiIn questi giorni tanti genitori si chiedono se sia giusto parlare della guerra ai propri figli e come farlo. È davvero possibile proteggerli dall’ondata di informazioni che arriva ogni giorno e soprattutto non mostrare loro la nostra ansia di fronte a un evento così tragico e inaspettato? Abbiamo girato queste domande a Giuseppe Bilancioni, pedagogista e fondatore de La Giocomotiva, network di nidi e di scuole dell’infanzia fiore all’occhiello di Milano.

I bambini non sono troppo piccoli per sentir parlare di guerra?
«Il dubbio è lo stesso che scatta quando bisogna decidere se affrontare o meno con loro altri temi delicati come un lutto o una separazione. Più che spiegare la guerra, dobbiamo invece raccontare le nostre emozioni, perché siamo arrabbiati o impauriti. I figli captano il nostro comportamento non verbale, il tono di voce, la nostra espressione: far finta di niente sarebbe peggio perché si sentirebbero estromessi».

Bisogna farlo solo se i bambini pongono domande dirette?
«Non si deve affrontare il tema come se si stesse facendo una lezione, perché magari in quel momento i bambini sono interessati più al gioco che stanno facendo e quindi le nostre parole cadrebbero nel vuoto. Quando, invece, parliamo della guerra tra adulti e ci rendiamo conto della loro necessità di capire ciò che stiamo dicendo perché usiamo toni ed espressioni che manifestano angoscia e preoccupazione, allora è il momento giusto. Con i più grandi si può ammettere anche di non avere risposte».

Come affrontate il tema a La Giocomotiva?
«Prendendo in prestito l’idea di Roberto Papetti, costruttore di giocattoli e amico del famoso pedagogista Mario Lodi, realizzeremo l’Esercito dei pacifici: partendo dalla poesia di Jorge Louis Borges I giusti, costruiremo tante sagome di cartone che rappresentano persone comuni, dal calzolaio al panettiere fino alla mamma e al papà, portatrici di pace. Le porteremo nei nostri cortili e, tra un paio di settimane, anche in un luogo simbolico di Milano per manifestare la nostra voglia di normalità e di pace».

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