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01. 05. 2024 04:48

Il cammino di padre Iuri Sandrin: «Nella Chiesa di San Fedele accolgo milanesi e turisti in cerca di spiritualità»

Il parroco della chiesa gesuita in pieno centro: «Offriamo assistenza sanitaria e tanto altro. Qui è nato uno dei primi cineforum della città»

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Cultura, solidarietà e spiritualità: ingredienti che si possono trovare nel cuore di Milano. Iuri Sandrin, prete quarantanovenne, da un anno e mezzo è il parroco della Chiesa di San Fedele. Un luogo sacro che può mostrare tante sfaccettature: «La vita della Chiesa è strettamente legata alla Fondazione Culturale, una realtà cittadina molto grossa – racconta a Mi-Tomorrow –. È il luogo dove negli anni ’50 è nato uno dei primi cineforum della città. C’è un auditorium con più di 400 posti che viene utilizzato da noi gesuiti, ma pure da esterni per conferenze, rappresentazioni teatrali e concerti, come quelli di musica elettronica, uniti a proposte di educazione all’ascolto della musica».

Iuri Sandrin parroco gesuita della Chiesa di San Fedele: «Un luogo dove negli anni ’50 è nato uno dei primi cineforum»

Ma sono ospitate tante altre attività.
«Qui c’è la sede di una rivista, di un museo, di una galleria d’arte. Significativo è anche il rapporto tra la chiesa e la piazza. Lo scorso mese, in occasione del Maggio Manzoniano organizzato in Duomo, ha avuto luogo una serata di lettura pubblica di alcuni capitoli de I promessi sposi. La risposta è stata positiva, i milanesi hanno accolto l’opportunità».

A San Fedele si aiuta chi è in difficoltà.
«Già a partire dal secondo dopo guerra venivano distribuiti farmaci ai poveri. Oggi l’Assistenza Sanitaria San Fedele continua quest’opera con una rinnovata attenzione educativa a tutto ciò che ruota intorno all’uso dei farmaci e al senso di una terapia. Situazioni sempre molto delicate e precarie per coloro che non hanno un accesso stabile al sistema sanitario».

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Chi frequenta la sua chiesa?
«Questo è un contesto particolare, in zona vivono circa 150 persone, compresi i portinai di stabili. È un luogo di turisti o lavoratori, frequentemente accogliamo le persone che sono di passaggio».

Qual è la Messa maggiormente frequentata?
«Quella delle 12.45, la pausa pranzo dei lavoratori insomma. Ci sono degli “affezionati” per i quali questa celebrazione è occasione per staccare, trovare un luogo e un tempo silenzioso da dedicare alla preghiera personale».

Che rapporto hanno i milanesi con la fede?
«Io intercetto per lo più persone di passaggio, presenti a Milano per lavoro, che non ricercano un senso di appartenenza e radicamento nella città, ma vi trascorrono qui una fase transitoria della vita. Le celebrazioni radunano soprattutto singoli, persone motivate che vogliono staccare dalla frenesia e hanno un’esperienza di fede piuttosto consolidata».

Celebra tanti matrimoni?
«Non moltissimi, anche se la richiesta dei sacramenti viene maggiormente da chi non abita più a Milano e ricerca un luogo, talvolta legato a ricordi del passato, che sappia esprimere un legame simbolico e riconoscibile con la città da cui proviene».

Qual è il posto che preferisce della città?
«Corso XX marzo: è stata la prima zona che ho iniziato a frequentare per inviti da altre parrocchie fuori dal centro storico. Mi è sempre piaciuta. E poi il palazzetto dell’Olimpia Milano. Amo il basket e da giovane ho fatto l’arbitro. Anche se non sono tifoso dell’Armani, è stato emozionate assistere ad alcune partite».

Lei è di Aquileia, in Friuli. Oggi si sente un po’ milanese?
«Ad agosto vado via (ride, ndr). Da 20 anni organizzo esperienze di pellegrinaggi per giovani in Terra Santa. Per me è molto importante poterlo continuare a fare anche nella mia nuova vita da milanese».

Cosa sentirebbe di consigliare a un giovane?
«Di non avere paura di intraprendere un cammino di ricerca autentico e libero nel come spendere al meglio la propria vita».

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