Una premessa obbligatoria: la battaglia contro l’inquinamento atmosferica è sacrosanta. Tuttavia, l’impressione è che a Milano l’emergenza coronavirus, nella sua cosiddetta “fase 2“, sia il pretesto per accelerare su alcune scelte radicali.
Piste ciclabili e mobilità “dolce”
E’ vero che l’accesso ai trasporti pubblici sarà fortemente contingentato, ma è altrettanto evidente che non tutti potranno ripiegare sulla mobilità “dolce” come biciclette e monopattini elettrici.
La riduzione dei limiti di velocità, le nuove piste ciclabili e la revisione degli spazi per la sosta a favore di maggiori spazi per la ristorazione non possono non tenere conto che l’automobile per molti milanesi sarà una necessità.
Piste ciclabili e mobilità “dolce”, i possibili ostacoli
Prendiamo un esempio: un residente in prossimità della fermata Precotto della linea M1 con posto di lavoro in centro, che prima impiegava circa 15/20 minuti di metropolitana per timbrare il cartellino.
Davvero dovrà armarsi di bici e percorrere la futura pista ciclabile di viale Monza / corso Buenos Aires / corso Venezia? L’alternativa sarà veramente alzarsi due ore prima del solito per correre a mettersi in fila al mezzanino?
Se questo cittadino “x” dell’esempio (estremizzato, per carità) è un “colletto bianco” con un medio reddito mensile, state certi che opterà per l’automobile senza indugi.
Ergo: va bene strizzare l’occhio agli ambientalisti, ma non esageriamo con il mettere all’indice il mezzo privato per chi prima attraversava mezza città con i trasporti pubblici e dalla prossima settimana dovremmo immaginarcelo in sella ad una bella bici.
Senza contare gli “affari d’oro” che si prospetteranno per i ladri di biciclette.