«San Siro canta Max diventerà San Siro canta Max con tutta la gioia di cantare su quel palco, lasciando alle spalle un delirio che ci ha messi in ginocchio». Vede sempre il lato positivo Max Pezzali, in quarantena nella sua casa pavese di Torre d’Isola, consapevole che la gloria di un Meazza che canta tutto per lui è rinviata a data da destinarsi: «È successa una cosa strana che ha colpito tutto il mondo: è come se avessero abolito il 2020. Dal 2019, direttamente al 2021».
Max Pezzali, l’intervista
Come stai vivendo questo “tempo di mezzo”?
«Intanto ci tocca essere testimoni dell’evento più strano degli ultimi cent’anni. È necessario valutare bene le indicazioni che ci vengono fornite. È successo nell’anno di San Siro, ma poteva anche andare peggio. I momenti di crisi storica e di grande cambiamento sono sempre prodromici ad una rinascita. Spero e mi convinco che quello che sta succedendo possa preannunciare uno slancio verso il futuro».
Insomma, lo stadio è solo rinviato.
«Mantengo un fondo di ottimismo, il mio obiettivo è quello di arrivare a San Siro. Non è solo una mia soddisfazione personale: quando arriverò su quel palco, ripenserò a questo periodo e allora faremo una festa come non se ne sono mai viste».
Intanto è fuori il remix di Sembro matto, con Tormento e la copertina di Zerocalcare.
«L’idea è quella di far ballare le persone. Sembro matto è una ballata d’amore, con un’allegria in più che in questo momento è particolarmente gradita».
In questa quarantena stai ridefinendo i tuoi canoni di felicità?
«È una quarantena che sta senz’altro riscrivendo le nostre vite: io mi sono sempre affidato alla cucina di altri, per esempio. Ora mi sono scoperto bravo a fare un po’ tutto. Pasticcere, pizzaiolo, elettricista, giardiniere: scopri delle cose che prima davi per scontato».
La cosa che ti manca di più?
«Il contatto con le persone: la comunicazione non verbale e non d’immagine, ma di pelle. Specialmente con mio figlio: è lontano e ci vediamo solo in chat. C’è un fondo di malinconia, non lo vedo dal 6 marzo: questo contatto mi manca tantissimo».
Una cosa che vorresti dirgli e che non gli hai ancora detto?
«Vorrei dirgli che, nonostante la distanza e l’impossibilità fisica, sono sempre con lui: non sarà mai da solo. Neanche in questo mondo inedito che non sono stato in grado di spiegargli perché neanch’io pensavo potesse mai esistere».
Sei riuscito ad attraversare trent’anni di musica italiana senza perdere mai la tua cifra. Ma sei anche riuscito a non “stancare“, rinnovandoti. Come si fa?
«L’unica cosa che mi anima è che cerco di essere me stesso. Faccio ciò che mi piacerebbe sentire: ho sempre cercato di essere fedele al mio ruolo di ascoltatore, più che di autore. Parto sempre da quel presupposto».
Un aneddoto che ricordi con particolare piacere?
«Ce ne sono tantissimi. Ricordo il successo di Come mai, partito probabilmente perché in quel momento feci un duetto con Fiorello: lui imitava tutte le voci dei cantanti più famosi, una versione inedita che fece scalpore. E che la rese ancora di più una hit in quegli anni».
La macchina della musica si è attivata prima con i tuoi colleghi e, ora, con le sigle ufficiali del comparto per chiedere rassicurazioni. Vi manca un po’ di chiarezza?
«È difficile dare delle risposte in questo momento, il nostro mondo ha bisogno di radunare persone insieme. Trasmettiamo emozioni quando le persone sono vicine e cantano insieme. Quindi siamo il settore che più subisce e che partirà maggiormente in ritardo: è comprensibile. In un momento in cui la ripresa prevede il distanziamento sociale, saremo gli ultimi a partire».
Sempre se la macchina reggerà.
«Per questo si chiede attenzione verso un settore che è poco tutelato. Non parlo dei cantanti, ma di tutti coloro che lavorano con noi e attorno a noi. Abbiamo prodotto grandissimi livelli di solidarietà negli anni, il rischio è quello di perdere tutta la professionalità che tiene in piedi questo settore. Poi rischi di perderli e di ritrovarli fra tanti anni».
Quale potrebbe essere una soluzione?
«Il nostro settore non è immediatamente necessario, sarebbe il caso di pensare ad una soluzione assistenziale per aiutare chi vi lavora. Tutto ciò che ruota attorno ad un cantante, ciò che non si vede ma che è fondamentale per la macchina».
Intanto in Europa cominciano le prime riaperture.
«È un discorso molto delicato, è possibile che in Italia l’emergenza non sia stata gestita al meglio. Gli stessi che pochi giorni fa ci chiedevano di stare a casa ora vogliono far ripartire il Paese. Qualcosa non ha funzionato e questo allunga i tempi. In questa situazione, un settore debole è più esposto a rischi».
Intanto in quarantena i social stanno diventando ancora più centrali. Come ti trovi con le dirette su Instagram?
«Diciamo che è una soluzione temporanea per sentirsi meno soli, ma ora siamo già un po’ oltre».
In che senso?
«Nel senso che la gente si è già rotta le scatole, c’è bisogno di uscire al più presto da questo stato d’emergenza».
Non resta che “aiutarci” con un po’ di musica.
«È fondamentale. Mi sto innamorando di alcuni pezzi che sto ascoltando in continuazione».
Ad esempio?
«C’è questa canzone del 1988: The Devil’s Right Hand di Steve Earle. È un fenomeno, sottovalutato secondo me. Anche suo figlio Justin è molto bravo. Questa canzone è stata coverizzata da tanti altri in seguito e ha una melodia che mi è entrata in testa e non mi lascia più. Spero non sia legato alla crescente ansia».
Intanto, dal Pavese a Milano, c’è solo un Naviglio che vi divide…
«Non a caso è una delle zone che preferisco della città, soprattutto la nuova Darsena: mi regala sempre pace. Ho un legame storico con questo posto: arrivando da Pavia, per me è la porta d’ingresso per la Milano di una volta che continua a vivere, nonostante i cambiamenti. Ma mi piace molto anche la Stazione Centrale».
Perché ti piace viaggiare in treno?
«No, proprio perché credo sia uno degli edifici più belli al mondo. Guardiamo sempre ad altezza persona, bisogna guardare in alto: è un edificio magnifico. Poche cose del Novecento sono così belle».
Dove si ascolta, invece, la miglior musica a Milano?
«Uno dei luoghi ai quali sono particolarmente legato sono gli Arcimboldi. Ogni volta che ascolto qualcosa in quel teatro, l’acustica è sempre ottima. Ci ho fatto tante prove. L’unico problema è che mi ci perdo, da qualsiasi punto io entri. Devo poi sempre chiamare qualcuno che mi venga a recuperare… (ride, ndr)».
Atmosfere Nineties
Mentre Sembro matto sta scalando le classifiche radiofoniche posizionandosi tra i brani più trasmessi dalla radio italiane, è uscito venerdì Sembro matto Remix, nuova versione del brano con il featuring di Tormento. La copertina è stata disegnata ancora una volta da Zerocalcare.
Anni 90. Il remix richiama le atmosfere dance anni Novanta con tre grandi protagonisti di quel periodo: Max Pezzali, Tormento e Big Fish (che ha curato la produzione in studio). È online anche il video, realizzato da Borotalco.tv, che racconta in modo ancora più dettagliato la storia delle tre coppie protagoniste: Anna & Marco, Assuntina & Romeo, Sofia & Jordi. Il video è stato girato a Spoleto sul set di Don Matteo e diretto da Cosimo Alemà, regista della fiction. Protagonisti del videoclip i giovani attori della popolare serie televisiva di Raiuno.