Al di là dei termini è fuori discussione che la città si trova al centro di una rivoluzione del trasporto pubblico e privato grazie ad un’accelerazione impressa dall’Amministrazione comunale.
La città cambia anche in funzione della nuova mobilità
Potenziamento delle piste ciclabili, aree pedonali, zone 30, monopattini elettrici, bike sharing, auto elettriche. E ancora strade ridisegnate con il ridimensionamento degli spazi per le auto, creazione di nuovi per le biciclette, limiti di velocità.
Adattamento. I milanesi si stanno confrontando con questi cambiamenti. Ci sono coloro che sono entusiasti e sperano si vada avanti fino al punto di trasformare Milano in una città nordica. Altri sono infuriati per le restrizioni alle quattro ruote che determinerebbe un ulteriore colpo al commercio già provato dal lockdown. La maggioranza, invece, sta cercando di adattarsi a questo nuovo stile di vita: è chiaro a tutti che bisognerà cambiare abitudini, modalità di vita quotidiana e magari irrobustire il senso civico.
Prossimamente. Mi-Tomorrow vuole seguire con attenzione questa fase. Alla copertina di oggi seguiranno altri approfondimenti per capire qual è la situazione di Linate, di M4, delle auto elettriche e di tutto ciò che sta trasformando la città.
Un piano ideologico, si rischia l’aumento di immissioni
Trovo che questo piano della mobilità elaborato dall’Amministrazione comunale non sia del tutto razionale per diverse ragioni. Faccio notare in primo luogo che in questo periodo ancora caratterizzato dalla presenza del Covid-19 i mezzi di trasporto individuali sono meno pericolosi di quelli collettivi e invece si punta su questi ultimi.
Se poi vogliamo prendere in considerazione le ciclabili e le zone 30, i provvedimenti su cui il Comune sta dando grande impulso, non si è calcolato che i risultati saranno di gran lunga inferiori a quelli sperati: per esempio le ciclabili possono impegnare 100 mila persone mentre il fabbisogno è di 1 milione. Ma non è tutto, la costruzione delle piste comporta una riduzione della carreggiata con le auto costrette a muoversi nello spazio centrale e con la conseguenza che si formano le code che producono un impatto ambientale facile da immaginare.
Dico queste cose specificando che sono un tifoso della bicicletta ma sono anche consapevole che con i numeri che abbiamo a Milano i risultati non possono essere che negativi. Non sono convinto neppure dalle zone 30: le immissioni crescono quando la velocità è media, andando a 30 all’ora se ne producono il doppio di quando si marcia a 60. Queste politiche in sé non sono sbagliate, il guaio è che si è concesso troppo alla demagogia, al green marketing con il rischio di realizzare opere che possono peggiorare l’ambiente.
Non siamo a Copenaghen, magari lo diventeremo tra 20 anni, non dobbiamo ripetere l’errore che ha fatto il sindaco di Parigi che ha promosso una politica restrittiva delle auto a favore dei mezzi pubblici e delle bici provocando la proliferazione delle code. Che fare allora? Ci vorrebbe maggiore equilibrio tra le varie forme di intervento. Iniziamo col ricordarci che un’auto di oggi inquina dieci volte meno di una di vent’anni fa: i miglioramenti dell’ambiente sono stati pagati dagli automobilisti milanesi che hanno anche beneficiato di non pochi incentivi.
Quest’ultimo è un tema che viene spesso rimosso, le politiche ambientali costano denaro pubblico, basti pensare ad Atm che costa alla collettività un milione al giorno. Inoltre, secondo i dati dell’Arpa, la qualità dell’aria negli ultimi 15 anni è migliorata sette volte: bisognerebbe ragionare di più su questi dati e evitare impostazioni ideologiche.
Marco Ponti
Già docente di Economia e pianificazione dei trasporti Politecnico di Milano
Nel 2020 record di ciclabili
Il 2020 sarà ricordato per l’impulso in grande stile dato alle ciclabili. Ben 35 chilometri di nuove piste vedranno la luce entro la fine dell’anno aggiungendosi ai 220 realizzati sinora.
La più importante, nonché tormentata, è quella che unisce San Babila con Sesto Marelli, un tracciato di 6 chilometri non delimitato da cordoli ma solo da strisce disegnate a terra che corre tra il marciapiede e la fila di auto parcheggiate o lungo i controviali che ha suscitato non poche polemiche, dai commercianti di corso Buenos Aires agli automobilisti.
Per fare spazio alle biciclette, infatti, sono state dimezzate le corsie riservate alle auto e spostate le aree di parcheggio a ridosso della carreggiata per ottenere uno spazio da 4,5 metri per ogni lato. Altri interventi importanti sono i 4 chilometri della Zara-Testi, la Campania-Molise, la Monterosa da Buonarroti ad Amendola, il percorso Legioni Romane – Berna – Zurigo e la direttrice Bussa – Farini – Cimitero Monumentale.
Il piano è ambizioso, per intenderci Parigi che ha investito molto sulla ciclabilità vanta 650 chilometri ma con una superficie ben più ampia della nostra città. Nessuna città italiana, invece, può accostarsi: anche in questo campo Milano è la capofila.
I numeri
35 km
i tracciati nuovi previsti entro il 2020
220 km
la rete esistente oggi a Milano
6 km
il tratto San Babila-Sesto Marelli
650 km
il parametro di riferimento di Parigi
Zone 30 per una mobilità ancora più dolce
Le zone 30 sono state ideate per garantire maggiore sicurezza, caso classico è l’applicazione del limite di velocità a 30 chilometri in una strada dove si trova una scuola.
Nel piano mobilità del Comune queste misure non vengono programmata da sole ma assieme ad altre che concorrono a rendere le mobilità più dolce. Strade aperte, piano varato dall’amministrazione comunale nella scorsa primavera, prevede pedonalizzazioni, ciclabili, ampliamento dei marciapiedi e, appunto, zone 30. Lazzaretto e Isola sono i progetti pilota ma le zone 30 sono presenti ovunque si stia realizzando una nuova ciclabile.
Oppure sono realizzate per un miglioramento della qualità urbana, come nel caso di via Padova-Nolo e del Qt8. Altri progetti di zone 30 sono in via Pacini, via Don Giuseppe Andreoli, via Venini, via Marghera, via della Moscova, via Ugo Bassi: l’obiettivo del Comune è mitigare la velocità su circa il 60% di tutta la rete stradale urbana.
In questa logica rientrano anche le aree residenziali, in cui il pedone ha la precedenza e può occupare la carreggiata sedendosi al tavolino di un bar o di un ristorante: le auto devono rispettare alcune norme di comportamento, a partire dal limite di velocità a 15 chilometri.
Le ultime “lente”
Via don Giuseppe Andreoli
Via Ugo Bassi
Via Marghera
Via della Moscova
Via Pacini
Via Venini
L’invasione dei monopattini
La posa dei cartelli che indicano le strade sulle quali i dispositivi di micromobilità elettrica possono o non possono muoversi è dello scorso 9 dicembre.
Nonostante la pausa del lockdown oggi Milano è invasa dai monopattini, già in aprile il Comune si era reso conto che il nuovo mezzo avrebbe incontrato un successo sicuro e decise che le bici in condivisione senza stallo fisso sarebbero passate da 8mila a 16 mila e i monopattini elettrici aumentati da 2.250 a 6.000 con 6 operatori autorizzati che propongono tariffe non molto diverse tra loro.
Vennero precisate anche le regole per il nuovo mezzo: può circolare su tutto il territorio comunale nelle strade con limite di 50 km, sulle strade extraurbane e sulle piste ciclabili sempre mantenendo una velocità massima di 25 km, quando circolano sulla carreggiata, e di 6 km nelle aree pedonali.
Si è pensato anche alla sosta, realizzando oltre 32 mila stalli per il parcheggio delle biciclette in tutta la città, di questi 6.900 sono esterni al Municipio 1 e collocati vicino alle fermate della metropolitana e 3.350 si trovano lungo le piste ciclabili. Non sempre queste regole vengono rispettati, sono già diversi i casi di incidenti dovuti anche alla scarsa capacità di maneggiare i nuovi strumenti di trasporto.
Le cifre
Da 2.250 a 6.000
l’incremento dei monopattini in circolazione da pre a post lockdown
6
gli operatori autorizzati in città
32.000
gli stalli previsti per la sosta