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26. 04. 2024 06:06

Il loro punto di vista: insieme a Mi-Tomorrow un viaggio nel mondo studentesco ai tempi del Covid

Grazie alla collaborazione con la 4ª D del Liceo Scientifico Statale “Donatelli-Pascal” di viale Campania e la professoressa Alessandra Dell’Orto, intraprendiamo da oggi un nuovo viaggio settimanale: Mi-Tomorrow offre le sue pagine ad una redazione di diciassettenni tra paure del presente e speranze per il futuro

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Ribaltare il punto di vista. Il nostro. Di noi che questo lavoro lo facciamo ogni giorno provando a raccontare quello che succede in ogni comparto nell’era Covid. E allora perché non fare il contrario? Ci sta provando il Liceo Scientifico Statale “Donatelli-Pascal” di viale Campania con un laboratorio di giornalismo voluto dalla professoressa Alessandra Dell’Orto e sostenuto dalla dirigente scolastica Antonella Pari.

Il loro punto di vista

L’obiettivo della Dell’Orto, docente d’italiano della 4ª D, è quello di stimolare questi ragazzi prossimi alla maggiore età al racconto di esperienze e sensazioni in un periodo così difficile ed inedito, contribuendo allo sviluppo di un’opinione critica. Pareri mai banali, trattandosi di studenti così giovani.

professoressa Alessandra Dell’Orto
professoressa Alessandra Dell’Orto

Professoressa, da dove nasce l’idea di questo laboratorio?
«Nasce dall’esigenza dei ragazzi di occupare delle ore di alternanza con un percorso per le competenze trasversali e l’orientamento. Già l’anno scorso avevo proposto un laboratorio di giornalismo, creando un blog».

Le tre parole di oggi? Scoprile in newsletter!

Di cosa si tratta?
«Di un blog di classe su WordPress, attraverso cui ho avuto l’occasione di farli scrivere durante il lockdown delle loro esperienze e delle loro vite. Hanno avuto così modo di sfogarsi, in un periodo davvero senza precedenti».

Sono stati costanti?
«Devo dire di sì, hanno sempre scritto di felicità, amicizia, filosofia. E di coronavirus. Allora quest’anno abbiamo deciso di continuare con il progetto: ho offerto un gruppo di lavoro alla nostra squadra di orientamento, come fosse una piccola redazione».

Che cosa avete organizzato?
«Un Google Form con le domande più tipiche, ai quali gli allievi rispondono via mail. Almeno le prime informazioni arrivano direttamente dai ragazzi. Poi abbiamo composto un secondo gruppo che redige articoli di giornale, mentre un terzo monta video per pubblicizzare la scuola. Loro lavorano per noi, la commissione ha indicato le migliorie e adesso dovranno procedere con le modifiche».

Come hanno preso i ragazzi il ritorno alla DAD?
«Una parte della classe è contenta perché ha paura, in questo modo evitano di contagiare genitori e nonni. Cosa assolutamente probabile e concreta perché i casi a scuola sono tantissimi. Tante classi erano già in quarantena, negli ultimi tempi a scuola in presenza eravamo comunque la metà. Si è intensificato tutto negli ultimi dieci giorni».

Siete riusciti a mantenere tutti i protocolli?
«Siamo stati molto scrupolosi e rigorosi. Il problema è che non è possibile tracciare il comportamento dei ragazzi fuori, non abbiamo mai avuto focolai interni. Questo vuol dire che i focolai arrivano da questioni e situazioni esterne alla scuola».

Leggendo gli articoli, cosa ha capito di più dai suoi studenti?
«Ho apprezzato molto i diversi punti di vista, alcuni sono anche critici e ben organizzati. Io sono insieme a loro dall’anno scorso e alcuni sono cresciuti tanto. Alcuni hanno scritto delle paure, altri della mancanza del compagno di banco, altri ancora hanno parlato dei cambiamenti che il Covid ha portato».

Di nuovo a distanza. Se l’aspettava?
«A me dispiace tanto non poter continuare in presenza, vedere i ragazzi tutti i giorni è completamente diverso. Ma mi rendo conto che sia una cosa inevitabile: siamo entrati a scuola a settembre con una sensazione di precarietà. Sapevamo che sarebbe successo. Mi consolo con questo progetto e con la sensazione di aver scoperto ragazzi molto più maturi di quello che la società descrive abitualmente».

liceo Pascal Milano
liceo Pascal Milano

Scuola senza futuro

di Niccolò Freri 

In questi ultimi giorni, la fredda consapevolezza del nuovo incombere della pandemia appare ormai gelidamente chiaro, lasciando nuovamente ognuno di noi nell’indecisione, ma soprattutto nella paura. La scuola, lasciata ultima e sola nei mesi di lockdown, è ripartita con entusiasmo e determinazione sebbene poi si sia andati in contro ad un destino pronosticabile, alimentato non tanto da una cattiva amministrazione, bensì da questo stesso fatidico istinto di paura.

Niccolò Freri
Niccolò Freri

La situazione scolastica si è fatta inevitabilmente insostenibile, in primo luogo dal punto di vista psicologico: la paura si trasforma in panico ed isterismo generale e ciò porta a controproducente sfiducia, nei confronti di chi ci circonda e di ciò che facciamo, quindi nei confronti della quotidianità stessa. La vita scolastica, quindi la vita di ogni studente in generale, se già segnata da inutili e continue ansie, in questo modo viene condannata e non fa altro che alimentare fenomeni di “ansia sociale”.

Menefreghismo. Ma forse il problema più grande è questo clima di incertezza nelle scuole, questo perenne procrastinare, il non sapere più cosa fare e aspettarsi. Il menefreghismo si alterna ad eccessiva ipocondria tra gli studenti, senza trovare un equilibrio e una speranza per il futuro. E sebbene la scuola ci provi e garantisca sicurezze, la paura non è guaribile ed il pessimismo cresce: a questo punto, se nessuno riesce ad ottenere soluzioni concrete, lo smarrimento degli studenti finisce per amplificarsi ogni giorno di più, sprofondando nel limbo del “nulla di fatto”.

Si oscilla tra il ritorno alla didattica a distanza e la volontà ferrea di tenere le scuole aperte senza nessuna via di mezzo o alternativa concreta; nonostante mesi e mesi di preparazione, non si è stati in grado di organizzare e preparare la vita scolastica al meglio, concentrandosi invece su soluzioni ridicole e quasi controproducenti, una fra tutte i banchi con le rotelle, un triste ritratto del fallimento della situazione scolastica attuale. In troppi hanno provato a parlare a nome degli studenti, ragionando solo per convenienza, ma forse dimenticando umanità e solidarietà.

L’ansia, la compagna di classe che qualsiasi studente ha

di Miriam Papetti

L’ansia è una condizione che la maggior parte degli studenti prova. In questo periodo, all’ansia dell’interrogazione, si è aggiunta quella per il Covid: la paura di essere contagiati, peggio di contagiare le persone che ci stanno a cuore. Una delle poche soddisfazioni di questo periodo periodo è la felicità che si prova nel momento in cui si scopre che un tampone tanto atteso è negativo.

Miriam Papetti
Miriam Papetti

Nella mia classe, purtroppo, è stato scoperto che il fratello di un mio compagno è positivo al coronavirus. Per fortuna questo nostro compagno si era messo preventivamente in quarantena da una settimana, quindi i nostri contatti con lui sono stati diluiti, ma appena scoperta la positività del ragazzo il mio primo pensiero, oltre al dispiacere per la famiglia colpita, è andato al mio papà, che purtroppo non ha una salute di ferro.

Ho pensato anche a mia nonna, molto anziana, che non vedo più molto spesso per paura di farla ammalare. Il virus ha portato a rinunce da parte di tutti, a partire dalle uscite il sabato sera fino ad arrivare al periodo più duro del lockdown.

Responsabilità. Ma il coronavirus sta mettendo in luce anche alcune qualità di tutti noi. All’inizio dell’anno, ad esempio, siamo stati invitati a firmare un patto di corresponsabilità con la scuola, dove ci siamo impegnati a rispettare le regole imposte dal governo e dalla scuola stessa. La questione della quarantena, fiduciaria o no, è molto importante all’interno di questo “patto”. All’interno della mia classe ho vissuto i casi di due ragazzi che si sono autoimposti la quarantena fiduciaria e si sono sottoposti al tampone, in quanto entrati in contatto con soggetti positivi al Covid.

È in questi particolari casi che si vede la responsabilità di noi alunni, ma anche la sensibilizzazione che la scuola ha voluto trasmettere a riguardo. Penso, spero, che usciremo da questo periodo più consapevoli delle piccole cose e dei piccoli gesti, come la routine scolastica che, personalmente, mi è mancata molto durante il periodo di lockdown e mi manca tuttora. Mi manca perfino l’ansia da interrogazione, questo nostro nemico interno invisibile e difficile da combattere che, però, ci fa compagnia. E che riusciamo a combattere solo con i veri amici al nostro fianco.

Il vicino di banco

di Giacomo Gazzaniga

Il Covid, che lo vogliamo o no, sta rivoluzionando ogni aspetto della nostra vita. La scuola in periodo di pandemia globale è cambiata molto, a partire dalle piccole cose, come la presenza di banchi distanziati 1 metro uno dall’altro. La nostra scuola ha prontamente risposto alla necessità di nuove norme, per attenersi alle direttive del Governo. I banchi distanziati un metro, la rimozione dei distributori di cibo e l’obbligo imposto agli studenti di trascorrere l’intervallo in classe ne sono la dimostrazione.

Giacomo Gazzaniga
Giacomo Gazzaniga

Altre prove di questo sono l’entrata scaglionata tra biennio e triennio, la presenza di gel igienizzanti al di fuori di tutte le aule. Inoltre ogni studente è doveroso che segnali su un foglio apposito, presente sulla cattedra, l’orario di entrata e di uscita dalla classe per recarsi ai servizi, in modo da riuscire al meglio a tracciare i contatti in caso di un eventuale e malvoluto contagio. Il coronavirus ci ha tolto molti dei momenti più belli in classe tra compagni, visto non bisogna creare assembramenti come da regolamento.

Questo implica minor contatto tra noi studenti: personalmente considero più brutto trascorrere le ore scolastiche con i banchi separati, l’assenza di un vicino di banco rende più “soli”, non c’è la possibilità di chiedere consigli e aiutarsi a vicenda. A me è capitato spesso di stringere un bel rapporto o comunque di rafforzare l’amicizia con la persona seduta di fianco a me.

Mancanze. La situazione, come facilmente intuibile, è particolare. L’aspetto più strano credo sia la partecipazione di alcuni alunni in didattica a distanza quando il resto della classe è in presenza: sentire la voce di alcuni compagni provenire da un device elettronico è una cosa nuova, a cui speriamo di non doverci mai abituare.

Un altro fatto che provoca un po’ di ansia si verifica quando un compagno è assente: se prima non si dava troppa importanza alle motivazioni, ora capita spesso che nel vedere un banco vuoto ci sia il timore di un possibile contagiato; Indubbiamente andare a scuola era più piacevole in assenza del virus, ad ogni modo tutti noi studenti ci stiamo impegnando a rispettare le norme anti-Covid, a scuola e a casa, in modo da cercare di tornare a vivere il prima possibile la vita che fino a un anno fa consideravamo quotidiana e talvolta ripetitiva. Non davamo importanza a piccole azioni di cui adesso si sente la mancanza. A partire proprio dalla presenza di un vicino di banco.

In breve

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