22.3 C
Milano
29. 04. 2024 19:00

Euroderby, atto finale. Intervista a Stefano Boeri: «Un traguardo inaspettato. E San Siro non va abbattuto»

In attesa dell’Euroderby decisivo di stasera parla l’architetto, interista da generazioni: «Mi godrò la partita dal secondo anello»

Più letti

Chi pensa che le archistar siano persone compassate non conosce di certo Stefano Boeri o, quantomeno, ne ignora il suo rapporto con il calcio. Da sempre gran tifoso dell’Inter, instancabile frequentatore di San Siro, ragiona su cosa significa questa semifinale di Champions tutta milanese e sul ruolo che può avere lo sport nella nostra città.

Stefano Boeri, il derby visto da un interista doc

Quando è nato il suo legame con l’Inter?
«E’ nato con me, o meglio, prima di me».

In che senso?
«Siamo una famiglia di interisti da sempre, lo era la famiglia di mio padre con cinque fratelli tutti interisti. La loro tata era fidanzata con un giocatore dell’Inter e portava i bambini con sé anche negli spogliatoi per frequentare il suo moroso».

Le tre parole di oggi? Scoprile in newsletter!

Stiamo parlando degli anni ‘30?
«Esattamente».

Lei ha conosciuto alcuni giocatori?
«Si, posso citare Mario Corso e Suarez».

Allenatori?
«Spalletti e Mancini».

Mourinho?
«No, ma piacerebbe farlo».

Ha mai giocato?
«Gioco tuttora, sono una mezzala, alla Stankovic per intenderci».

Gioca nel campo grande?
«Certo, il calcio a 5 non è calcio».

Milan e Inter sono tra le prime quattro squadre d’Europa: come è stato possibile?
«È un risultato inaspettato, non facile da decifrare, sicuramente è un ritorno importante ai vertici del calcio. A volte capitano situazioni particolari, tipo la vittoria del Leicester in Inghilterra: forse le squadre più grandi si sono distratte e le milanesi sono state capaci di approfittarne».

E’ solo fortuna?
«No, dietro questi risultati c’è un lavoro, un’intelligenza, una forza di volontà».

Eppure le due società non sembrano molto solide.
«Quella del Milan lo è, per l’Inter si tratta di capire se la proprietà può avere ancora un interesse per il calcio italiano».

Ritiene che il calcio possa diventare un elemento distintivo di Milano come lo è la moda, il design e la lirica?
«Lo è già ora, è la massima espressione del calcio italiano».

E’ così importante il mondo del pallone per questa città?
«Se pensiamo al calcio dobbiamo fare riferimento a un mondo bellissimo fatto di tantissime squadre in cui i giovani praticano questo sport: l’associazionismo produce vita sociale, un tessuto di relazioni molto importante».

Qual è il suo rapporto con lo stadio di San Siro?
«E’ un rapporto amoroso, ci vado da quando ero piccolo».

Vide la grande Inter di Herrera?
«Sono state le mie prime partite».

Come sta lo stadio?
«Abbiamo lavorato molto per migliorare i servizi, gli spogliatoi, ma ci sarebbe ancora da fare».

C’è un suo progetto di riqualificazione che non ha avuto fortuna.
«La mia idea era di un San Siro per le due squadre, ci sarebbero stati due ingressi diversi, ma credo che un nuovo San Siro sarebbe una scelta eccellente».

E’ possibile ristrutturare lo stadio con il campionato in corso?
«Credo che si possa ancora puntare su questa soluzione sapendo che ci sono molti aspetti da risolvere come gli spazi, i trasporti».

Le due squadre pensano a una soluzione diversa.
«Se non è possibile avere uno stadio per entrambe le squadre sono convinto che Milano possa avere, come tutte le grandi città europee, due stadi».

Quindi San Siro non sarà più la Scala del calcio?
«Sono molto legato allo stadio, ma bisogna guardare al futuro senza nostalgie: ci sono diverse possibilità, vediamo quale può essere la migliore».

San Siro va abbattuto?
«No, credo che possa avere un ruolo, si possono svolgere altre attività».

Una squadra di Milano andrà in finale: cosa significa per la città?
«E’ un traguardo molto importante anche perché inaspettato».

Dove vedrà la partita di stasera?
«Allo stadio, sono abbonato al secondo anello dove, tra l’altro, la gara si vede molto bene».

Com’è il suo stato d’animo prima di una partita importante come questa?
«Di apprensione totale che io cerco di allentare».

E come fa a gestire i risultati negativi?
«Non è facile, il lunedì o la domenica, a seconda di quando si gioca, vado in depressione: anche in questi casi cerco di superarla».

Lei ha molte attività, grandi responsabilità: si è mai chiesto com’è possibile essere presi dall’ebrezza del calcio?
«Ci penso tante volte, è vero che nella vita ci sono cose molto più importanti ma poi si finisce sempre a patire e gioire per la propria squadra».

In breve

FantaMunicipio #27: quanto ci fa bene l’associazionismo cittadino

Pranzi, musica, poesia, arte, intrattenimento, questionari, flash mob e murales: tutto all'insegna dell'associazionismo cittadino e delle comunità che popolano...