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29. 04. 2024 20:10

Giovanni Nuti racconta Alda Merini: «Metto in musica le sue poesie»

Il musicista descrive il suo rapporto con la poetessa milanese e il brano scelto per il film Folle d’amore di Roberto Faenza

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Giovanni Nuti nella sua carriera, nella sua vita, ha musicato più di cento poesie di Alda Merini. Tante rimasero, sole, in cassetti dimenticati come Lirica Antica, rispolverata poco tempo fa e scelta come canzone originale in chiusura al film Folle d’amore – Alda Merini di Roberto Faenza, disponibile su Raiplay. Una poesia importante, racconta Nuti a Mi-Tomorrow, appartenente alla raccolta Tu sei Pietro, pubblicata nel 1961, i cui ricordi, come le poesie di Merini, prendono forma.

Giovanni Nuti: «Ricordo le nostre passeggiate sui Navigli in cui si discorreva di tutto»

Di cosa parla questa poesia?
«La scrisse prima del suo ricovero al Paolo Pini: il desiderio d’amore di Alda lottava da sempre con il disagio psichico. La poesia sembra denunciare la sua impossibilità di amare».

Come è nato il lavoro a Lirica antica?
«Roberto Faenza, che ringrazio per avermi dato questa opportunità e responsabilità artistica, voleva concludere il film con le parole di Alda. Io ho proposto questa sua poesia, ne avevamo a disposizione anche il video con Alda sul palco dello Strehler».

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Qual è il ricordo più emozionante che custodisce con Alda Merini?
«Un ricordo triste e struggente: la sua ultima telefonata dall’ospedale San Paolo di Milano, dove si spense. In quella telefonata mi disse: “Ricordati che tu sei stato la mia musica e la mia gioia. Porta avanti le nostre canzoni”. Ed è quello che ho fatto».

C’è un luogo di Milano in cui si ricorda un momento particolare trascorso insieme?
«Ricordo le nostre passeggiate sui Navigli in cui si discorreva di tutto e di niente alla ricerca di un caffè o di una coca-cola ghiacciata. E ci fermavamo a guardare i giocattoli, che spesso mi regalava, o i bijoux, colorati e vistosi, che Alda adorava, sempre con l’immancabile sigaretta accesa. Alda fumava dappertutto, soprattutto dove non si poteva fare, come la sacrestia del Duomo di Milano prima del nostro Poema della croce o sul palco del Teatro Strehler per la disperazione dei vigili del fuoco».

C’è un insegnamento di Alda Merini, tra i tanti, che trova atemporale?
«Alda mi ha insegnato ad apprezzare ogni momento della vita, le piccole cose come anche i dolori. Lei diceva che voleva essere ricordata come la poetessa della gioia. Lei aveva superato le esperienze terribili del manicomio perché della vita era riuscita ad amare tutto, anche il suo inferno».

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