Quasi il 12% della popolazione lombarda è costituita da cittadini stranieri senza cittadinanza italiana, per un totale di oltre un milione e 165mila persone. È quanto emerge dai dati provvisori dell’Istat alla fine del 2022, elaborati dal Dossier statistico sull’immigrazione del 2023 del centro studi Idos. Sebbene il numero sia cresciuto leggermente rispetto all’anno precedente, gli stranieri in Lombardia rimangono quasi stabili, con un aumento dello 0,8%.
Stranieri senza cittadinanza italiana, i numeri
Più di un terzo degli stranieri nella regione sono cittadini europei, con la Romania al primo posto come Paese di provenienza con 170.871 residenti. L’Africa e l’Asia rappresentano circa il 25% ciascuna. La Lombardia rimane una meta attraente per i migranti, con un saldo positivo tra coloro che escono dalla regione e quelli che vi entrano. In particolare, le migrazioni dall’estero hanno portato un aumento di 45.829 persone, con 55.837 iscrizioni dall’estero.
Stranieri senza cittadinanza italiana, permessi
I dati forniscono uno spunto di riflessione sulla presenza degli stranieri senza cittadinanza italiana nella regione e sul loro impatto socioeconomico. Analizziamo i dati riguardanti i permessi di soggiorno rilasciati per la prima volta nel 2022, che ammontano a 95.757, pari al 21,3% del totale nazionale. Il 40,1% di questi primi permessi è stato concesso per motivi di protezione umanitaria, mentre il 14,5% per ragioni di lavoro. Nel territorio della città metropolitana di Milano si concentra il 40,2% degli stranieri, seguita dalle province di Brescia e Bergamo.
Stranieri senza cittadinanza italiana, lavoro
Per quanto riguarda il lavoro, in Lombardia nel 2022 gli occupati di origine straniera sono stati 560mila, 30mila in più rispetto all’anno precedente. Si è riscontrata una crescita dell’occupazione nel settore industriale, contrariamente ad una diminuzione nei servizi. Inoltre, si registra un aumento degli occupati nei lavori manuali qualificati. I lavoratori stranieri svolgono mediamente meno di 40 settimane all’anno, un tasso inferiore alle 44 settimane degli italiani, e lo fanno a condizioni economiche più sfavorevoli.
