Si chiama Cicchetto ed è un locale orgogliosamente rivendicato da Simone De Santi, che lo ha aperto a dicembre, come bottega di quartiere.
Un po’ enoteca, un po’ cucina: alla scoperta del Cicchetto di Simone De Santi
Messosi in proprio, Simone ha cercato di creare qualcosa che a Milano non ci fosse ancora. Cicchetto – un po’ enoteca con 50 etichette di piccoli produttori, un po’ cucina con dodici cicchetti in carta, un po’ bottega e un po’ cocktail bar – è stata la sua risposta al desiderio di non replicare un format già visto.
Siamo in via Hayez al 13, a Città Studi, e chi entra da Cicchetto si sente a casa. Sarà per l’arredamento che ricorda quello di un appartamento degli anni 50, sarà per la cordialità che non è inficiata da mascherina e distanziamento sociale, sarà per la cucina che condensa in carta una serie di assaggi della tradizione italiana da affiancare a un bicchiere di vino o a un cocktail.
«La nostra accezione di Cicchetto è doppia e si rifà sia alla tradizione veneziana del piattino, sia a quella milanese in cui il cicchetto è da bere», spiega De Santi che omaggia la cucina veneta con il Baccalà mantecato e le Sarde in saòr del Cogo, e quella milanese con un risottino saltato allo zafferano con gremolada e ossibuco, i mondeghili e il tuorlo d’uovo panato e fritto.
«La nostra è una proposta smart dedicata a chi desidera gestire il proprio tempo come meglio crede e può decidere di prendere un bicchiere di vino o un cocktail accompagnato da uno o più cicchetti, oppure farli diventare una portata. Un espediente nato durante il lockdown per la gastronomia in delivery», continua De Santi che per i piatti in carta si è affidato alla consulenza esterna di alcuni chef e di mammà che firma parmigiana e pastiera.