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30. 04. 2024 07:56

Nel mercato del lavoro milanese c’è un problema enorme

Infuria il solito dibattito tra chi sostiene che i giovani non vogliano fare “fatica” e chi sostiene che si dovrebbe parlare di vero e proprio sfruttamento

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L’ultimo report di Confartigianato mette in luce una realtà molto particolare del mercato del lavoro a Milano nell’epoca post Covid. Le imprese, secondo il rapporto, faticano a trovare personale, in particolare nei settori della Sanità, del commercio e della ristorazione. Circa il 40% delle posizioni aperte non trova candidati.

I problemi del mercato del lavoro milanese

Recentemente è stato anche firmato un Patto per il lavoro tra Comune e sindacati, un fatto sicuramente positivo. Ma nel frattempo infuria il solito dibattito, che divide in due la platea, tra chi sostiene che i giovani non vogliano fare “fatica”, non sappiano adattarsi, e chi invece sostiene che più che di offerte di lavoro si dovrebbe parlare di vero e proprio sfruttamento (del resto, lavorare 6 giorni su 7 per meno di mille euro non è che sia una prospettiva accattivante).

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Il mercato del lavoro milanese: pro e contro

A vedere le cose nel loro insieme ci sono diversi problemi che si intrecciano e che rendono conto di una situazione. In primo luogo c’è la questione del reddito: gli stipendi sono troppo bassi, questo è un fatto che prima o poi si dovrà affrontare di petto. Perché poi, in secondo luogo, c’è il costo della vita, legato strettamente alla prima questione, a Milano: affitti alle stelle anche in zone estremamene periferiche, mancanza di alloggi, prezzi più alti rispetto alla provincia o altre zone d’Italia.

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Infine, il costo del lavoro nel suo insieme, su cui un ragionamento laico andrebbe iniziato: la tassazione sulle imprese è un tema centrale, non ci sono solo imprenditori furbi (così come non sono tutti filantropi, sia chiaro). C’è, infine, una tendenza che la pandemia ha solo accelerato ma che va presa in seria considerazione: il lavoro è sempre meno considerato, in particolare dalle giovani generazioni, come il nodo focale della propria esistenza. Il fenomeno delle “grandi dimissioni” lo dimostra: c’è voglia di progettare la propria esistenza in modo diverso, si avverte meno volontà di competere per la carriera. Tutti questi ingredienti, sommati, portano al risultato finale.

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