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30. 04. 2024 06:00

Verso le Olimpiadi di Parigi 2024, Danilo Sollazzo: «Sparare è come fare yoga»

«Milano è tra i poligoni migliori, ma manca il settore giovanile e aggiungerei più periodo di prova»

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«Finché non l’ha vinta Paolo Monna (la carta olimpica) è stato pesante perché tutte le speranze erano riposte su di me, è stato veramente e stressante», racconta l’azzurro Danilo Sollazzo, che per quasi 2 anni (2022-2024) ha sorretto il peso di essere l’unico atleta italiano del tiro a segno qualificato per Parigi 2024.

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Danilo Sollazzo

Cosa è cambiato nella sua vita da quando ha conquistato il pass per i Giochi?
«Da quando durante i Campionati del Mondo al Cairo nel 2022 (con il secondo posto ndr) ho vinto la carta olimpica per Parigi 2024 è iniziato il mio percorso per la preparazione olimpica: ho passato un anno a fare palestra, perdere perso, mettermi a posto con il fisico e cercare tutto quello che mi poteva servire per Parigi 2024. Ho sacrificato alcune gare per prepararmi solo per quella sfida (Parigi 2024 ndr). Il periodo è stato davvero stressante essendo mia prima carta olimpica e poi ho visto il cambiamento delle persone verso di me…».

Dica…
«Tutti, come solitamente si dice, sono saliti sul carro del vincitore. Amici che prima di conquistare il pass per Parigi 2024 mi trattavano quasi da conoscente improvvisamente sono diventati attenti verso di me e gentili. Oppure, persone a cui stavo antipatico hanno iniziato a farmi i complimenti e hanno voluto conoscermi meglio. Per non parlare delle persone che non vedevo da 7 anni che hanno iniziato a voler uscire con me».

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Quando, dove e perché ha iniziato la disciplina del tiro a segno?
«Quando ero piccolo mio padre mi portava in Sicilia in vacanza con un suo amico. Là c’era una fiera di paese con i baracconi dove c’era la possibilità di sparare alle lattine. Io mi divertivo moltissimo a sparare ed è per questo che una volta tornati a casa mi portò a provare al poligono di Legnano nel 2014».

E’ stato subito amore con la carabina?
«Sì, ma la prima volta che sono andato al poligono ho usato la pistola, però una volta tornato a casa mi faceva male il braccio. Per questo, la volta successiva ho voluto provare la carabina e me ne sono innamorato immediatamente, mi divertivo. Così ho cominciato a maneggiare la carabina e cartellino dopo cartellino decisi di iscrivermi al poligono nel settembre del 2014. E’ stata la mia prima iscrizione al poligono. Un mese dopo ho fatto e vinto la mia prima gara conquistando la mia prima medaglia. Il fatto divertente di questa competizione che ho conquistato è che sono arrivato primo su uno perché ero solo…».

Dal poligono di Legnano a quello di Milano…
«Sì, a Legnano avevo un allenatore che mi ha dato le basi, ma non mi faceva fare le tre posizioni. Così ho scelto Milano dove potevo farle (le 3 tre pozioni)».

Quando l’arrivo in nazionale?
«Dopo 3 anni che sparavo, la nazionale mi ha chiamato per fare un provino in azzurro perché avevano bisogno di tiratori».

Quando non è in giro per le gare è a Milano ad allenarsi?
«In questo momento mi alleno a Galliate e Novi ligure, due centri che alterno al poligono di Milano…».

E’ stato diversi anni ad allenarsi a Milano, poi?
«Sì, prima mi allenavo solo Milano il martedì e il giovedì, adesso purtroppo a Milano il martedì è chiuso per mancanza di tiratori. E’ un peccato perché Milano è tra i poligoni migliori della Lombardia, ma manca il settore giovanile e poi puntano a fare pistola piuttosto che carabina».

Idee per sfruttare di più il poligono di Milano?
«Aggiungerei molti più periodi di prova, anche durante la settimana e pubblicizzerei di più questa disciplina sportiva che è bellissima. È l’unico sport praticabile da chiunque: maschi, femmine, a qualsiasi età persone con disabilità. Infatti, abbiamo un sacco di tiratori medagliati con carte paralimpiche per Parigi 2024 ed è fantastico».

È una disciplina sportiva violenta?
«Il tiro a segno è tra gli sport meno pericolosi perché ci sono regole rigidissime sulla sicurezza e in più bisogna sparare un grilletto e mirare un bersaglio fermo, quindi, in qualsiasi modo ci riesci. È tra gli sport più inclusivi che esistono. Molti pensano che sia pericoloso perché ci sono le armi, non è così. Infatti, noi la carabina non la chiamiamo arma, ma attrezzo sportivo. Perché è come per un tennista la sua racchetta. Sparare è come fare yoga, è un momento in cui la concentrazione è altissima. Sembra strano, ma a volte vai al poligono per trovare la pace interiore».

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