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30. 04. 2024 08:03

L’acrobata torna all’Elfo Puccini, Cristina Crippa: «Porto in scena l’incredibile storia di Pepo»

L'opera in scena dal 21 novembre racconta i drammatici anni della dittatura cilena

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La sua storia de L’Acrobata torna a essere raccontata dopo cinque anni al Teatro Elfo Puccini quando ricorrono i cinquant’anni dal golpe del 1973 che mise fine col sangue al governo di Salvador Allende. Cile, anno 1986. Il regime dittatoriale di Pinochet vive i suoi ultimi attimi, ma la repressione è ancora forte. Il Fronte patriottico Manuel Rodriguez prova ad attentare alla vita del despota, ma qualcosa va storto, Pinochet sopravvive e i membri del commando vengono uccisi. Tra loro il capitano Pepo, nome di battaglia Ernesto. Lo spettacolo di Elio De Capitani è tratto da un romanzo di Laura Forti ed è interpretato da Alejandro Bruni e Cristina Crippa che racconta: «È una grande emozione tornare a raccontare questa storia. Verrà a vederci per la prima volta il figlio di Pepo e questo rende tutto ancora più speciale. Speriamo che gli piaccia».

Cristina Crippa mamma e nonna Beaatriz ne L’acrobata: «Un personaggio che amo molto, mi dispiace non averla conosciuta di persona»

Come è nato questo spettacolo?
«Nasce dal lavoro di ricerca fatto dall’autrice Laura Forti che si è messa a indagare su quella parte della sua famiglia che nel 1938, con l’avvento delle leggi fasciste contro gli ebrei, è fuggita in Cile. Quello che scopre è una storia incredibile, viene a sapere che quel cugino quindicenne timido che suonava la chitarra, visto di passaggio in Italia, era diventato il guerrigliero che guidò il fallito attentato a Pinochet del 1986».

Interpreta una donna che è al tempo stesso mamma e nonna, che emozioni le ha trasmesso?
«Beatriz è una donna eccezionale, una delle prime donne geologhe. Non ha rinunciato alla sua carriera, ma nemmeno alla sua famiglia e ha un forte senso materno. Essendo di origine ebrea è dovuta scappare dall’Italia fascista, si è rifatta una vita in Cile, ma dopo il golpe torna in Europa per vivere in Svezia. La notizia della morte del figlio la sconvolge e non ne ha parlato per molti anni. Solo più avanti ha deciso di raccontare al nipote, attraverso una serie di e-mail, la storia di Pepo. È un personaggio che amo molto, mi dispiace non averla conosciuta di persona».

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Cosa colpisce di questo personaggio?
«Il fortissimo legame che ha col figlio. Da una parte soffre perché per un certo verso i valori di libertà e giustizia che ha trasmesso al ragazzo lo hanno riportato in Cile a combattere e a morire. Nello spettacolo dice che rivorrebbe indietro suo figlio, anche come una persona comune ma viva piuttosto che come un eroe caduto».

Come è stato il lavoro con Alejandro Bruni?
«Lui è di madrelingua spagnola, questo ha permesso di usare certe frasi originali che sono impattanti. Inoltre, è un attore con cui in scena riesci, sia come figlio sia come nipote, a instaurare un rapporto molto bello».

Che importanza ha la parte video curata da Paolo Turro?
«È molto importante perché abbiamo un personaggio che appare solo in video. Si tratta di un antenato di Pepo, il primo a iniziare la migrazione lasciando la Russia. A Elio piaceva molto e lo interpreta lui stesso. Paolo Turro ha fatto un lavoro incredibile seguendo le prove fin dal primo giorno e componendo delle immagini splendide, oltre a realizzare un breve documentario inserito nello spettacolo».

Dal 21 novembre al 10 dicembre
Martedì alle 21, mercoledì e giovedì alle 20.00, venerdì alle 20.30, sabato alle 19.30 e domenica alle 16.30
Teatro Elfo Puccini
Corso Buenos Aires 33, Milano
Biglietti: da 16,50 euro su elfo.org

 

CHI ERA PEPO

Il vero nome di Pepo è José Valenzuela Levy, nato a Santiago nel 1958, figlio della geologa Beatriz Levi. Nel 1973, dopo la presa di potere di Pinochet, si trasferisce con la donna in Svezia. L’amore per la libertà e per la giustizia porta il ragazzo a girare il mondo, dalla Germania dell’Est alla Bulgaria, da Cuba dove diventa combattente al Nicaragua fino al rientro clandestino in Cile per unirsi al Fronte patriottico Manuel Rodriguez che contrasta Pinochet. In patria sposa la dottoressa Avelina Cisternas e diventa papà di Lautaro. Il 7 settembre del 1986 guida il commando che attenta alla vita di Pinochet, ma l’operazione fallisce. Mentre alcuni suoi compagni fuggono all’estero, lui rimane in Cile e viene arrestato il 16 giugno. Trasportato in una casa abbandonata a Recoleta viene ucciso dalla polizia insieme ad altri membri dell’FMPR dopo che fu inscenato un finto scontro a fuoco. Ora la casa di calle Pedro Donoso è meta di pellegrinaggio e luogo di memoria.

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